Riccardo Cascioli – Scrittore e giornalista
Premessa
“Attorno alla famiglia e alla vita si svolge oggi la lotta fondamentale della dignità dell’uomo… Le tenebre oggi avvolgono la stessa concezione dell’uomo… I nemici di Dio, più che attaccare frontalmente l’Autore del Creato, preferiscono colpirlo nelle sue opere. L’uomo è il culmine, il vertice delle sue opere visibili… E la famiglia è l’ambito privilegiato per far crescere le potenzialità personali e sociali che l’uomo porta inscritte nel suo essere” (Giovanni Paolo II a Rio de Janeiro, 1997).
Dunque c’è una guerra all’uomo, questo è il fatto fondamentale della nostra epoca (altro che guerra all’Iraq), ed è per questo che allora ci si scatena contro la famiglia e la vita. Contro la famiglia perché è qui che l’uomo viene accolto ed educato, è nella famiglia inoltre che l’uomo impara il rapporto con gli altri.
Questo è dunque l’orizzonte entro cui ci troviamo, ed è anche la chiave per interpretare quanto sta avvenendo all’Unione Europea (vedi caso Buttiglione).
I “nemici di Dio”
Il richiamo di Giovanni Paolo II ai “nemici di Dio” non è un modo di dire, o un concetto generico. No, sono nemici in carne e ossa. Dove sono? In molte parti, ma soprattutto sono a capo di quella sorta di embrione di governo mondiale che sono le agenzie dell’ONU, dalla Banca Mondiale all’UNICEF, dal Fondo per la Popolazione (UNFPA) a quello dello sviluppo (UNDP), dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) al Commissariato per i rifugiati (ACNUR) e per i diritti umani (UNHCHR).
Sono convinto che, pronunciando quelle parole, il Papa avesse in mente la lunga, e praticamente solitaria battaglia da lui sostenuta per contrastare quanto veniva maturando alle Conferenze internazionali dell’ONU, da quella sull’ambiente a Rio de Janeiro (1992) a quella su Popolazione e sviluppo al Cairo (1994), da quella sulla donna a Pechino (1995) a quella sull’alimentazione a Roma (1996). Perché la verità è che delle potenti lobby per il controllo delle nascite, abortiste, anti-famiglia, dagli anni ’70 hanno attuato una rapida infiltrazione nelle agenzie dell’ONU fino a condizionarne totalmente l’indirizzo.
Il ciclo di queste grandi Conferenze ha rappresentato il vertice di questa strategia, che intende creare una sorta di “Costituzione globale”, vincolante per tutti i governi, destinata a incidere in ogni aspetto della vita.
Piani d’Azione ventennali approvati sono infatti una sorta di Costituzione globale, basata sullo sviluppo sostenibile, ovvero il diritto alla vita delle generazioni future.
Conferenza del Cairo: è qui che c’è una svolta decisiva per la politica internazionale “contro” la famiglia. Ricordiamo che nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo la famiglia, intesa come matrimonio tra uomo e donna, è definita all’articolo 16 (3), “cellula fondamentale della società” e da allora fino all’inizio degli anni ’90 così continua a venire definita in tutti i documenti internazionali.
Nel Programma d’Azione uscito al Cairo quel principio rimane, ma viene di fatto superato dai contenuti che portano l’individuo (e non la coppia) a essere l’interlocutore dello Stato o delle Nazioni Unite. Esempio: l’evoluzione del concetto di pianificazione familiare, che si trasforma in “controllo delle nascite”.
Ma l’evoluzione del concetto va oltre: perché se la “pianificazione familiare” si riferisce ancora ai diritti della coppia, il documento finale del Cairo – nel chiedere l’abolizione della discriminazione contro le donne e le bambine – in realtà dipinge una situazione in cui i diritti degli individui (a cominciare da quello delle donne nell’uso della contraccezione e dell’aborto) devono essere protetti dai doveri e dai legami familiari.
Ecco dunque che la famiglia, pur esaltata a parole, diventa nei fatti il nemico dell’individuo. Allan Carlsson, presidente del Rockford Institute, ha descritto la situazione sottolineando la volontà di
“costruire un sistema familiare madre-bambino-Stato che sostituisca la famiglia naturale, formando una sorta di harem di governo, da ottenere attraverso aiuti massicci all’educazione dei figli fuori del matrimonio e attraverso una pesante tassazione delle famiglie fondate sul matrimonio: una politica sperimentata nei Paesi scandinavi e ora allargatasi a molti Paesi industrializzati”.
Ancora un ulteriore passo: è proprio al Cairo che si tenta di inserire il concetto di “famiglie” al posto di “famiglia”: attacco respinto, ma solo in parte, perché nel capitolo dedicato alla famiglia si ignora completamente l’istituzione del matrimonio. E invece di riconoscere che la famiglia è una istituzione naturale e universale, spiega che “esistono varie forme di famiglie in differenti sistemi politici, legali, sociali e culturali” e che “la composizione e la struttura della famiglia” cambiano col cambiare della società.
Guarda caso la Costituzione Europea non riprende il concetto della Dichiarazione ONU del 1948, ma quest’ultimo uscito dal Cairo, lasciando ai singoli Paesi dell’Unione la definizione del concetto di famiglia, ed ecco allora anche gli Statuti regionali.
Il matrimonio omosex e la poligamia
E’ chiaro che per distruggere la famiglia bisogna distruggere il matrimonio, distruzione che passa prima dall’indebolimento alla banalizzazione, infine all’abolizione vera e propria (pensiamo ancora al caso Buttiglione). Primo passaggio di questa strategia è ovviamente il riconoscimento delle unioni di fatto e, soprattutto, dei matrimoni fra persone dello stesso sesso. Non per niente le lobby gay hanno lanciato dall’anno scorso una vera e propria offensiva mondiale senza precedenti: dalle manifestazioni pubbliche alle celebrazioni di veri matrimoni.
Episodio dell’International Gay e Lesbian Human Rights Commission (agosto 2003), limitazione libertà religiosa.
Ciò che è importante capire è che il riconoscimento del matrimonio gay è solo una tappa verso l’abolizione del matrimonio in quanto tale. O perlomeno questa è la strategia, tanto è vero che a sostegno di queste campagne ci sono le leader dei movimenti femministi radicali che negli anni ’70 inneggiavano alla fine del matrimonio. Lo stesso movimento gay era originariamente contrario al matrimonio…
Ma è un dato di fatto che la legalizzazione delle unioni omosessuali porta all’indebolimento della famiglia. Recentemente un antropologo americano, Stanley Kurtz, ha sintetizzato per il Weekly Standard alcuni studi europei che arrivano proprio a questo risultato: nei Paesi dove è stato ammesso il matrimonio omosessuale – vedi Svezia, Danimarca e Norvegia – il matrimonio e la struttura familiare si sono indebolite, ovvero c’è una coincidenza tra legalizzazione delle unioni omosex e l’aumento del tasso di divorzi e soprattutto di nascite fuori dal matrimonio, perché conclude Kurtz:
“Invece di incoraggiare il ritorno al matrimonio le unioni gay hanno dato il messaggio che il matrimonio stesso è anacronistico e che virtualmente ogni forma di famiglia è accettabile , compresa la genitorialità fuori dal matrimonio” .
Per quanto possa stupire c’è un ulteriore passaggio, di cui già appaiono i primi segnali: ovvero la legittimazione della poligamia o – nella versione post-moderna – dei “rapporti poliamorosi” (l’unione di più persone o coppie sia omo che eterosessuali). Negli Stati Uniti ci sono già sostenitori importanti, e un passo già è stato fatto: nel 2000 un giudice del Minnesota ha assegnato i diritti di genitori a una coppia lesbica e al loro donatore di sperma, che aveva permesso la nascita del figlio.
Abbiamo qui dunque la prima modalità concreta attraverso cui passa la poligamia: ovvero la fecondazione assistita, più precisamente la fecondazione eterologa.
Una seconda modalità la stiamo già sperimentando in Italia: l’immigrazione, o meglio l’accettazione nel nostro ordinamento delle tradizioni poligamiche degli immigrati.
Esempio: Magdi Allam, giornalista egiziano che vive in Italia sotto scorta, denuncia nel suo libro ‘Vincere la paura’, la deriva del mondo occidentale nei confronti dell’islamismo dilagante
Una società senza futuro
Anche lasciando da parte le questioni etiche, e considerando soltanto gli effetti sociali di questo processo, possiamo vedere che questo porta al suicidio di una civiltà.
Anzitutto perché la famiglia – e la forza della famiglia – è ciò che permette di fare figli. Oggi in Europa abbiamo il grave problema della denatalità – 1,4 figli per donna invece di 2,1 che è il livello di sostituzione – e dell’invecchiamento della popolazione, fenomeno che porta stagnazione e recessione economica. Ora, alcuni governi, incluso quello italiano, stanno cercando di porre rimedio alla situazione.
Ma deve essere chiaro che non sono gli assegni o i bonus che convincono le coppie a fare figli. Si decide di fare i figli perché coscienti o no si ritiene che ne valga la pena; cioè è una questione culturale. E senza una cultura della famiglia i figli non si fanno.
Chi può pensare di mettere al mondo dei figli se, ad esempio, già si concepisce il matrimonio come un prodotto con la data di scadenza.
Ancora una volta, non è un discorso di principi o di ciò in cui crediamo: sono i fatti a dimostrarlo. Il Rapporto del Consiglio d’Europa sui Recenti cambiamenti demografici in Europa, pubblicato nel 2000, mostra come la curva dei tassi di fertilità tra il 1970 e il 2000 segue esattamente quella dei divorzi. A questo si aggiunga poi che parallelamente all’aumento di divorzi c’è anche il crollo nel numero di matrimoni che nei Paesi Ue sono scesi dai 2,2 milioni nel 1980 a 1,8 milioni nel 2002 (-19%).
Il demografo francese Gerard Francois Dumont ricorda come i periodi d’oro dell’Europa, dal punto di vista economico e politico, siano quelli precedenti alla Prima Guerra Mondiale e dopo la Seconda Guerra mondiale, entrambi caratterizzati dal rialzo dei tassi di fertilità, mentre – ad esempio – l’ascesa al potere di Hitler coincide in Germania con una depressione demografica (1,6 figli per donna).
Non sono semplici coincidenze, e lo dimostrano gli studi del premio Nobel per l’economia Gary Becker, autore appunto della teoria del capitale umano. Ovvero la famiglia tradizionale è fondamentale per garantire lo sviluppo di un Paese, perché garantisce lo sviluppo di quello che in economia si chiama capitale umano. Becker ha dimostrato come gli investimenti dei genitori nel capitale umano dei figli influenzi la produttività del lavoro. Il capitale umano è qui inteso come competenza, capacità e abilità di inventare e utilizzare nuove tecnologie, e la ricchezza reale dell’economia cresce quando i capitali vengono investiti in queste capacità.
Si potrebbero aggiungere molti altri dati per dimostrare come il sostegno alla famiglia tradizionale sia fondamentale per una società che intenda progredire e sviluppare. Ma ovviamente non per dire tutto si dovrebbe scrivere un trattato. Per chi volesse proseguire in questa ricerca vi suggerisco di seguire un magazine online, ovvero un sito internet di informazioni che io stesso dirigo, con l’aiuto di altri colleghi, e che si chiama SVIPOP – l’indirizzo è www.svipop.org – dove potrete trovare informazioni su tutti questi argomenti, oltre che sull’ambiente (altra tematica legata alla popolazione e allo sviluppo).
In ogni caso spero che da questo panorama rapido – e spero non troppo confuso – emerga la necessità, l’importanza, l’urgenza di una battaglia – mi ricollego al discorso del Papa citato all’inizio – per sostenere la famiglia, unica strada per salvaguardare la dignità dell’uomo e il futuro della società.
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