Aborto per violenza subita
Nella mentalità corrente si ritiene che uno degli aborti più giustificati sia nel caso di una gravidanza causata da uno stupro. Si pensa infatti che una mamma che partorisca un bambino a seguito di una violenza, ogni volta che vede il bambino sarebbe costretta a ripensare alla violenza subita e, pertanto, dovrebbe essere un diritto della donna eliminare quell’ulteriore sofferenza.
Già Giovanni Paolo II in Bosnia, parlando delle donne stuprate ed incinte (si diceva anche suore), affermava: ‘non aggiungete violenza a violenza’.
Per comprendere il senso dell’affermazione di Giovanni Paolo II bisogna fare una riflessione. In un certo senso l’eliminazione del bambino vorrebbe anche diventare una cancellazione, se non addirittura una punizione per la violenza subita. Ma vorrei chiedere al lettore di riflettere sull’assurdità della mentalità corrente: siamo tutti contro la pena di morte e poi accettiamo che essa venga applicata sul figlio, anziché sul malfattore? E’ ovvio che l’uccisione del bambino non rimedia certo allo stupro subito. Mario Palmaro in un articolo dal titolo ‘L’aborto procurato e la violenza carnale: alcune considerazioni’ affermava:
“Nel XXXIII Canto dell’Inferno, Dante racconta la triste sorte del Conte Ugolino della Gherardesca, lasciato morire di fame con i figli e i nipoti. “Innocenti facea l’età novella” scrive Dante, indignato di fronte a quell’autentico “mostro giuridico” secondo il quale le colpe dei padri ricadono sui figli”.
Dobbiamo tener presente che una donna che ha subito uno stupro se lo porta dentro per tutta la vita. Ella vive quel ricordo con ribrezzo e rabbia, sentendosi a volte anche sporcata per sempre. Queste donne hanno bisogno di terapie speciali, per tornare ad una certa serenità. Alcune di esse non riescono più ad avere rapporti sessuali, perchè ogni rapporto riporta la loro mente alla violenza. Pertanto non sarà il bambino a mantenere vivo quel triste ricordo.
E’ comunque certo che l’aborto aggiungerebbe il terribile trauma del post-aborto.
Ma siamo proprio certi che la visione del bambino sarebbe così traumatica? Io ho sempre sostenuto il contrario: guardare negli occhi un bambino che ti sorride, allattarlo, stringerselo al seno, non può che intenerire il cuore di una mamma. Già, perchè comunque questo bambino è anche figlio della donna che lo porta in grembo e ogni donna è stata creata per essere mamma: le sofferenze del post-aborto sono provocate anche dal fatto che con l’aborto la donna nega in se stessa la sua prerogativa di poter donare la vita.
Alcuni anni fa fui chiamato a Perugia per tenere una conferenza pubblica sul tema dell’aborto. Conclusi parlando del caso dell’aborto per stupro e dissi che non solo non era un aborto più giustificato degli altri, ma che anzi diventava una pena di morte per il figlio del colpevole ed aggiunsi, con abbondanza di particolari, la bellezza della contemplazione di un bambino e la consolazione di veder crescere la vita, sia pure dalla violenza. Appena terminai la conferenza, mentre stavo per scendere dal palco, si avvicinò una giovane donna con accanto una bella ragazza sui sedici anni, la mamma mi disse:
“La ringrazio per quello che ha detto, ha proprio ragione, guardi: questa è figlia di una violenza ed è stato un regalo immenso per la mia vita, poichè è lei che mi ha attenuato il brutto ricordo. Davvero quel ricordo si è trasformato in vita.”
Sappiamo bene che ogni aborto è un crimine, ma diventa molto significativo che proprio gli aborti apparentemente più giustificati (es. figlio con problemi, figlio originato da uno stupro, ecc.) alla fine sono ancora più gravi ed ancor meno giustificabili.
Giuseppe Garrone
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