Cinzia Baccaglini – Psicoterapeuta della famiglia

Ci sono tre momenti in cui ci sono conseguenze psichiche rispetto alla fecondazione artificiale: durante la preparazione al trattamento, durante il ciclo di fecondazione vero e proprio e il terzo momento è il dopo, sia che esso abbia, raramente, successo – quindi il bimbo in braccio -, o, più probabilmente, che non lo abbia.

Le evidenze scientifiche ci hanno messo a conoscenza dei disturbi fisici: distensione addominale, ingrossamento abnorme delle ovaie, nausea e vomito, diarrea, asciti, possibile idrotorace, ipercoagulazione del sangue, patologie neurotiche … anche morte! Tutto questo solo nella fase di iperstimolazione ormonale per la donna. Alcuni studi affermano inoltre l’aumento del tasso di tumore alla mammella e alle ovaie (Venn A et al, Human Reproduction, 2001). Ora, siccome noi non siamo tagliati a fettine, siamo una unità bio-psico-sociale e relazionale, mi risulta che quando abbiamo qualcosa tipo nausea, vomito e diarrea già stiamo male a livello psicologico e quando abbiamo un semplice mal di testa già diventiamo irascibili e di più, si pensi a quanta ansia abbiamo quando dobbiamo subire un intervento e ne abbiamo la consapevolezza. Si pensi quindi alle correlazioni tra il biologico-fisico e la psiche durante una preparazione prima della fecondazione artificiale che dura e può durare circa tre mesi per ciclo. Contemporaneamente teniamo presene anche l’assurdità che si debba andare a cercare e ciò che già gli altri, quei medici che la fanno, dicono. Facciamo un esempio : la sindrome da iperstimolazione ovarica “è una sindrome pericolosa persino per la vita”, e “si possono determinare trombosi e tromboflebiti”, questo l’ha già detto Carlo Flamigni in ‘La procreazione assistita’ Ed. Il Mulino 2002 pagg 29,63-64. Quindi se è pericolosa per la vita, lo sarà anche per la psiche.

Do per scontato che conosciate le tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, cosa esse siano e come si svolgano realmente; do per scontato che tutti i lettori sappiano del blocco del ciclo nella donna, della sua ripartenza solo a livello ormonale-chimico, del prelievo degli ovociti, del prelievo degli spermatozoi, il fatto che siano messi negli scatolini con la soluzione nutritiva, che si sappia che ci sono dei problemi di annidamento per questi embrioni che vengono ricacciati nell’utero, e che corrono gravi rischi per la mancanza di cross-talk, di dialogo crociato con la madre fin dall’inizio, dalla tuba (Hill,Maternal-embrionic cross-talk, Annals of the N.Y.Academic of Sciences 2001,943:17-23). Proprio perché l’uomo è un essere relazionale, nasce da una relazione, fin dal momento del concepimento. Egli continuerà per tutta la vita ad essere relazionale, aggiungendo solo modalità in più di comunicazione e di relazione dal biologico allo psicologico, verbale e non, al sociale. In realtà che cosa succede? Ve lo traduco: quando c’è un concepimento, che di solito avviene nella tuba, arriva l’embrioncino, il concepito, che dice sostanzialmente (come la bolla dell’acqua di una nota marca): ‘iuh, hu, c’è nessuno?, sono qui’, la mamma gli risponde a livello neurochimico: ‘plana un po’ più a destra che a sinistra c’è un fibroma, plana un po’ più basso che lassù c’è un’infezione’. … Ve l’ho resa un po’ semplice, però molte di queste ‘perdite’ – che sono morti programmate di embrioni – vengono determinate dal fatto che non procedono naturalmente, all’interno del corpo della mamma, dalla tuba all’utero, ma vengono ricacciati dentro l’utero dopo un tot di giorni di parcheggio nelle sterili mura di un contenitore da laboratorio, e non trovano l’ambiente preparato, perché non hanno cominciato a dialogare proprio con la mamma e vengono rigettati.

Sappiamo che queste tecniche comportano notevoli rischi di anomalie cromosomiche, e danno problemi comunque rispetto a rischi materno-fetali: cioè di aborti post-impianto (Hansen et al, The risk of major birth defects after intracytoplasmic sperm injection and in vitro fertilisation, New England Journal of Medicine, 346 (2002) pagg725-730). Ora si immagini: dopo che una donna ha fatto tutta una serie di punture, cicli, monitoraggio delle ovaie e della maturazione del follicolo, e si sia pronti, e si prelevino gli ovuli, e nel frattempo il marito faccia quel che deve fare, il che significa masturbarsi o prelevare gli spermatozoi in modo più o meno invasivo (il che significa chirurgico), li facciamo incontrare nella famosa provetta, li nutriamo, li impiantiamo e abbiamo un aborto. Cosa può succedere, a livello interno, a livello psichico, nelle donne e negli uomini che subiscono questi percorsi? Potete immaginare quale altalena di fatiche, illusioni e delusioni si possono scatenare?

Anche qui bisogna ricordare che già la Voluntary Licencing Authority inglese nel 1988 affermava: “La fivet resta una potente sorgente di grandi speranze deluse, uno stato di cose in cui migliaia di donne ogni anno giocano di fortuna con una nuova tecnica e sono crudelmente deluse”.

E se abbiamo delle gravidanze extrauterine? Perché quando li cacciamo dentro, non sappiamo dove vadano a finire, dove eventualmente attecchiscano in quel 5% di successi, proprio per quel che affermavo prima. E se per questo si è costretti ad un aborto per evitare sofferenze fisiche o la morte alla madre. Pensate che cosa si può provare e pensare, come donna e come coppia, dopo che tutto questo è stato fatto per AVERE un figlio. E poi ci sono le gravidanze gemellari e plurigemellari, perché avendo assicurato che uno solo o due sarebbero andati avanti, ci si trova davanti una situazione non certamente voluta, e fino a poco tempo fa ed ancora in alcuni luoghi, alla cosiddetta riduzione embrionaria. Sapete, ormai la letteratura è piena dei rischi e dei danni per i bambini nati, sarebbe meglio dire, per i bambini sopravvissuti. Perché ovviamente le conseguenze psicologiche, per quelli che sono morti, non ci sono, ci sono solo per quelli che restano, in tutti i sensi, anche per la mamma e il papà e tutta la famiglia1.

Ma anche tutto questo aumento di malattie determinate dalla tecnica FIVET, si può pensare che non abbia dei correlati psicologici? Delle conseguenze psicologiche? Pensate che sia facile, dopo che ti è nato un bimbo con un retinoblastoma (cancro della retina), accompagnarlo durante tutta la vita o decidere per un aborto cosiddetto ‘terapeutico’, perché la legge 40 nulla osta alla 194? Un altro esempio: il ritardo nello sviluppo mentale, che alla nascita non si vede: il bimbo può essere tranquillamente fisicamente perfetto, ma poi sappiamo che a distanza di tempo le tecniche danno questi problemi. Pensiamo, dov’è andata la teoria del bambino sano, perfetto, per cui fare tutto questo e sopportare questi massacranti preparativi, – quante persone mi riferiscono:‘non ce l’avevan detto’! – che sarebbe nato così in base proprio a queste tecniche extracorporee e con il modulo del condenso informato firmato?

In particolare per quanto riguarda le conseguenze psichiche per la donna, vorrei sottolineare – sia nella letteratura che nella mia esperienza clinica – lo stress durante la stimolazione ormonale. La donna in questione ha un’agenda piena di medici. Nell’agenda non c’è scritto: stasera vado a teatro con mio marito, oppure, domani vado a far la spesa. No. Hai quei giorni e quei giorni devi stabilire, perchè prima devi eliminare tutta l’ovulazione e poi la devi ricominciare chimicamente, e quindi prima la puntura, e poi devi fare questo, poi devi mantenere quell’altro, e poi non puoi avere rapporti con tuo marito perchè stai facendo l’iperstimolazione e chissà cosa succede. E allora, qui sì, là no, oggi no, domani neanche …. e poi bisogna andare dal medico, e fare il monitoraggio del follicolo, e ci siamo quasi, allora venga domani, allora… insomma. Ma una condizione di attesa come la gravidanza non dovrebbe essere tranquilla? Una di quelle cose che si vivono naturalmente? Ed è chiaro che c’è un’ambivalenza tra l’immagine di sè reale e quella ideale nella donna. Voglio essere mamma e non lo sono! Ma quanto questa ambivalenza è da cercare a tutti i costi? Anch’io vorrei essere santa e non lo sono. Cerco, ma insomma … poi bisogna vedere anche che mezzi uso.

Un altro elemento segnalato dalla letteratura è una povera immagine corporea, perchè se c’è una certificazione di sterilità è come se la donna dicesse: vedi anche il mio corpo mi ha tradito(Dennersten e Morse, 1988). Si scompone quella che è la persona in toto, quindi il corpo: una donna non ha senso o vale solo perché è biologicamente madre! Chiaramente questa spirale continua all’aumentare il numero dei cicli, ed è abbastanza evidente la relazione tra il rinforzo negativo del fallimento e l’autostima, per cui si prova una volta e non ci si riesce, poi si fa tutto da capo un’altra volta, e non ci si riesce, un’altra volta e non si riesce ancora … non è che ‘mi sento molto brava’ (Haynes, 1992), e questo è collegato al fatto che non posso rendere mio marito ‘padre’ e quindi non sono una buona moglie e la stessa cosa capita con i genitori e con i suoceri o parenti in generale. La correlazione tra Fivet e depressione e distacco emotivo risulta quindi evidente (Leiblum,1987). Non si fa tutto questo iter a cuor leggero, senza una confusione e un allontanamento del problema, e non si può resistere se non ci si distacca, come una sorta di anestesia emotiva.

Perdere poi il figlio tanto desiderato, soprattutto negli aborti cosiddetti spontanei post-impianto – e ricordiamo che spontanei non lo sono! – è terribile, e può capitare ovunque, anche nel water del proprio bagno. Quando poi ci sono più embrioni, magari crioconservati anche all’estero: dove sono? come li trattano? e quelli che non mi hanno impiantato perché malformati, che fine hanno fatto? Non dimentichiamoci che stiamo parlando della legge 40 del 2004, ma che le fecondazioni c’erano anche prima, e abbiamo tanti embrioni crioconservati anche da parte di coppie che ancora stanno aspettando dei cicli; ma abbiamo anche tante coppie che sono andate all’estero, ancora prima della legge. E anche dopo la legge. Quindi abbiamo tantissimi embrioncini dentro i freezer, e a volte i genitori non sanno nemmeno quanti e dove sono. Chiaramente, si diventa un po’ nervosi.

Ma la cosa che voglio sottolineare sono queste crisi psicotiche con cui mi incontro spesso. C’è un distacco completo dalla realtà, soprattutto in occasione di fallimenti di fecondazioni artificiali; si “sentono” in particolare voci di bambini persecutori. Io sono una psicoterapeuta della famiglia e incontro queste situazioni. Questo è uno scacco terapeutico anche per gli psicoterapeuti che fanno questo lavoro. Perché se io so che c’è un aborto volontario, so che c’è un bambino, posso dargli un nome, posso farlo ritornare alla luce attraverso un lavoro terapeutico nel cuore e nella mente della madre. Ma se non so quanti sono, quanti ovuli si sono prelevati, se non si sanno quanti embrioni hanno crioconservati, cosa si fa? Chi darà il nome a questi bambini se anche la mamma e il papà sono impossibilitati a farlo? Queste cose sono già note da tanto tempo! Noi italiani dobbiamo sempre seguire gli altri: una volta si diceva gli americani, ora va di moda non rimanere indietro rispetto all’Europa unita, ma queste informazioni sono già note da anni.

Tra il primo e il secondo ciclo, il 40,2% delle donne va incontro a disturbi psichiatrici; 23,2% disturbi d’ansia, depressione maggiore, disturbo distimico (vuol dire su su, giù giù, faccio faccio, non faccio più niente) (Chen, 2004, Taipei). Ancora, aggressività repressa mitigata da meccanismi di difesa, quali lo spostamento e la rimozione (non è successo niente!); e questo è tipico anche della sindrome postaborto: ‘non ci voglio pensare’, sposto l’argomento finchè le situazioni della vita non mi chiedono il conto .

Ma anche per l’uomo ci sono dei problemi. Disfunzione a produrre il seme in quel giorno – il d-day! – perché quando è pronta la donna, tu uomo… nel camerino, magari con qualche attrezzo per eccitarti, perché ci sono dei camerini molto carini, con gli audiovisivi per aumentare la possibilità che si faccia ciò che si deve fare in una provetta. Però non si riesce a produrre il secondo campione di sperma anche dopo tre o quattro tentativi (Saley,1990). Ci credo. O è un kunta-kinte o non ce la fa! Perché c’è comunque una dimensione umana di cui tenere conto! Problemi di autostima per l’uomo sono comprensibili all’umana ragione, se in particolare il problema di infertilità è dell’uomo. E il trauma al narcisismo primario: un uomo che non riesce ad avere figli la prende in un certo modo, la donna la prende in un altro.

Dagli studi emerge che, nella coppia che chiede la fivet, il 28% delle coppie ha già disturbi sessuali e il 25% li sviluppa durante i trattamenti (Kakisman, 1990); la povertà comunicativa rimane, sia che nasca il figlio da fivet, sia che non nasca (Slade, 1997). Questo significa che i blocchi psicologici di coppia possono esserci anche prima del ciclo di trattamento, prima della certificazione di sterilità; una delle cause stesse della sterilità può essere dovuta a blocchi psicologici. Ma nella legge non esiste un colloquio di analisi delle cause di sterilità e di funzionamento di coppia prima dei cicli! Se adotti un bambino, devi andare dall’assistente sociale, devi fare il colloquio con lo psicologo, devi avere tutte le caratteristiche in regola, ma qui può accedere chiunque e comunque. E se i problemi erano risolvibili magari con una psicoterapia di coppia?

La depressione di coppia e l’insoddisfazione sessuale è derivata anche dal fatto che per molto tempo tutto diventa meccanizzato, e questo comporta insoddisfazione nel tema della risoluzione dei conflitti, perché si sposta l’argomento (Sydsjo,2002 Sweden). Un uomo e una donna che si vogliono veramente bene parlano e risolvono i conflitti, anche quelli più duri, se si vuole crescere come coppia, elabora insieme anche questo lutto della propria non fertilità biologica non a discapito della propria fecondità; questa prassi esclusivamente tecnico-meccanica può diventare un conflitto ulteriore e può diventare un argomento di non dialogo all’interno della coppia (Owens 1993,Klock 1994, Gibson 2001, Bryan 2003).

E si diventa solo consumatori, donatori e macchine … riporto questa testimonianza da D. Grange in “L’enfant derrière la vitre”: “‘Alcune donne avevano fatto 4,5,6 tentativi; erano talmente medicalizzate che non avevano neppur più parole per esprimere il loro desiderio di avere un bambino. (pag115) Fermiamoci due minuti! Guardiamoci: noi siamo trasformate in provette, in curve, in terreno di manovre! Dov’è l’anima, dove il sesso, dove sono i sentimenti? Dov’è il desiderio…non ci sono che gli occhi per piangere e i denti per digrignarli sotto i fiotti dell’amarezza. Che ne rimane di noi, di voi, all’ennesimo tentativo, all’ennesimo fiasco?…Macchine ovulatrici forsennate, piccoli robots gettati agli ormoni. Ci sarà un momento che noi dovremo cessare di immolarci sull’altare della ricerca scientifica”.

Un problema particolare è quello della progettualità di coppia futura (Benazon, 1992); il ragionamento è il seguente: “adesso che abbiamo fatto di tutto per avere un bimbo, tutto è molto diverso da quando non avevamo provato niente, ma visto che non ce l’abbiamo, i nostri amici, le nostre coppie di amici ce l’hanno tutti, e i nostri genitori ci sono addosso ed allora adesso che facciamo, sono tot anni che siamo insieme, cosa facciamo?” Meglio non fare progetti e non parlarne; non si dice nemmeno quando si vanno a fare i vari interventi . Di qui l’isolamento sociale (Elster 2000; Gibson 2000). All’aumentare degli interventi aumenta anche lo stress, ovviamente, e diminuisce il funzionamento coniugale. Voi immaginate, se già i mariti si lamentano degli sbalzi ormonali delle donne a livello normale, immaginate cosa succede se c’è una sindrome da iperstimolazione ormonale, immaginate quando il marito è stressato che cosa succede nei rapporti di coppia; e cosa succede quindi se incrociamo tutti e due gli stress. Saltano le famiglie. E’ una evidenza scientifica ed esperienziale, basta leggere i giornali e le vicende dei vip.

Le conseguenze psichiche per il bambino.

Anche qui dovrei dire: il sopravvissuto. Tutti gli studi affermano che non vi è alcun problema di tipo evolutivo, salvo però affermare che i risultati – per ovvie ragioni – devono essere comprovati dopo la pubertà. Ma chissà perché? Forse perché c’è uno sbalzo ormonale? Forse perché c’è l’identità del genere femminile e maschile? Forse perché comincia lì la possibilità di generare? Allora non si dica che va tutto bene, per favore.

Però ci sono problemi di metodo, di osservazioni, i periodi di osservazione sono troppo brevi (Cederblad,Friberg 1996 Svezia – 36 mesi), (Raoul-Duval,1994 Francia – 3 anni), (Ron, Lahat,1994 Israele – 28 mesi), (Golombok,Cook,1995 UK – 4-8 anni), (Weenerholm,1998 Svezia – 18 mesi), (Bonduelle,1998 Belgio – 2 anni).

Però guarda caso ci sono le conseguenze neurologiche e le conseguenze psichiche2: basta dare un’occhiata alla bibliografia messa in nota per capire che non si tratta di articoli scritti sull’Osservatore Romano e nemmeno sull’inserto “E’ vita” di Avvenire! Sono scienziati che portano la loro esperienza a livello internazionale. Dunque il figlio sopravvissuto, anche se non lo sa, ha due atteggiamenti: o in senso depressivo, cioè il senso di colpa (gli altri sono morti per farmi nascere), o in senso narcisistico, cioè di onnipotenza (io sono il migliore, io ce l’ho fatta). L’accentuata ansietà e depressione dei bimbi nati da fivet, e l’aggressività rispetto ai coetanei è evidenziata da Levy-Shiff3 , la loro vulnerabilità da Green4 e Gibson5.

Ancora: l’iperprotezione dei genitori. Tutti gli studi affermano che la normalità dimostrata da un anno a tre anni è condizionata dal passare del tempo, in particolare la pubertà. Questa è un’altra cosa che mi fa morir dal ridere: ma senta, dottoressa, ma glielo dobbiamo dire a nostro figlio che è nato così o non glielo dobbiamo dire? Ma perché, voi dite tutto ai vostri figli? Quando vi vedono piangere, per esempio, dite il motivo per cui siete tristi o capiscono che siete tristi? E magari girano alla larga. Ci sono delle comunicazioni che vanno oltre a questa dimensione verbale.

E siamo arrivati anche agli italiani che fanno queste ricerche6, e guarda caso evidenziano uno scarso inserimento sociale e difficile rapporto con il cibo per i bambini nati da fecondazione artificiale. Chissà perché? Pensate all’elemento relazionale del cibo, pensate all’inserimento sociale di un bambino che sarà stato iperprotetto dai genitori, perché non gli doveva succedere niente con tutto quello che hanno fatto per averlo. Difficoltà nel riconoscimento delle dimensioni negative dei figli, con pratiche di contenimento che rimandano al minor contatto affettivo. Nelle madri si rivelano aspettative maggiori in merito all’obbedienza, all’accettazione del genitore da parte del figlio. Già i figli naturali si sentono dire: tutti i miei soldi spesi per farti studiare … figuriamoci questi qua! I padri hanno minor desiderio di esposizione sociale da parte dei figli, rispetto ai quali si sentono molto meno influenti rispetto agli altri genitori. Per forza, mica c’erano, erano nel gabbiottino dall’altra parte.

Pensiamo anche ai medici. É nota la posizione di J. Testard7, ma anche in Italia ci sono di quelli che hanno già smesso di fare Fivet: “C’è un momento della vita in cui si dovrebbe avere il coraggio di fermarsi, se si ha il dubbio che quello che si sta facendo non è corretto, almeno nel metodo, quantunque il fine sia buono. Mi riferisco alla FIVET, da me fondata nella clinica Santa Maria di Bari nel 1989. Quando ho avuto la possibilità di riprodurre la vita in laboratorio, mi sono sentito molto potente, pervaso da quel delirio di onnipotenza che gli operatori del settore conoscono bene specialmente quando si annuncia ad una coppia sterile l’esito positivo. Un po’ più tardi però la mia potenza trasformata in angoscia dovuta all’impossibilità di realizzare fino in fondo il progetto di vita per la gran parte degli embrioni prodotti (90 su 100). Mi sono convinto allora che l’amore vero comincia quando il figlio è concepito secondo i giusti canoni”8.

Nella seguente tabella riporto le mie casistiche rispetto alle persone che seguo.

Nella seguente tabella riporto le mie casistiche rispetto alle persone che seguo.
 Caso  Età  Stato  N.fivet  Motivazione  Luogo  Invio  Diagnosi
 1  32  S*  2 (1s)  Anomalia
genetica
CAV  Amici  Depressione
 2  38  S*  2  Sterilità maschile LIBERA
PROFESS
 EX PAZIENTE  Depressione
(tradimento)
 3  40  S*  2  Occlusione
Tubarica
CONSULTO
DIOCESANO
 Sacerdote
esorcista
 Disturbi
psicosomatici
 4  48  S*  n.i.(1)  Occlusione
Tubarica
CONSULTO
DIOCESANO
 Sacerdote
esorcista
 Voci
psicotiche
 5  43  S*  3  Occlusione
Tubarica
LIBERA
PROFESS
 Medico di base  Depressione
 6  38  Ns  3 (1)  AIDS
maschile
LIBERA
PROFESS
 EX PAZIENTE  Disturbo bipolare
 7  36  S  2  Sterilità maschile CAV  Amici  Depressione
(Tradimento)
 8  43  S  4  Malform
tubarica
LIBERA
PROFESS
 ginecologo  Disturbo bipolare
 9  39  S  3  AIDS
maschile
 LIBERA
PROFESS
 EX PAZIENTE  Disturbo bipolare
 10  37  S* 2  Sterilità maschile CONSULTO
DIOCESANO
 ginecologo  Disturbi
psicosomatici
 11  40  S*  10 (71 ovuli, 28 embrioni)  Sterilità
Temporanea
LIBERA
PROFESS
 EX PAZIENTE  Voci
psicotiche

 

Indico solo due cose. Uno, i disturbi, ci sono parecchie voci psicotiche. Frasi come: “Lo devo uccidere – magari se c’è un bambino nato da fecondazione – come gli altri”; “Mi dicono le voci che devo uccidermi”, “Dottoressa, sente il mio bambino? Dove sono adesso i miei bambini?”; “Non riesco a collegare quello che mi sta succedendo, stavo cercando qualcosa di bello per la mia vita”.

Proviamo a rispondere ognuno di noi a queste domande.

Arrivo alle conclusioni. Bisogna cominciare a dire che la maternità e la paternità non è solo quella biologica. Ma c’è anche una maternità e paternità psicologica che è nell’atteggiamento, che va a compensazione, che ti realizza rispetto al fatto che hai dei limiti comunque.

Da alcune riflessioni colte dalle frasi delle pazienti si evidenzia che dove c’è sterilità maschile c’è tradimento, forse per evitare gli interventi? Quando iniziano il ciclo della fivet interrompono la psicoterapia, perché hanno troppo da fare, un altro medico non ci sta, vi è un rifiuto di farmaci in casi di depressione, perché ne stanno già prendendo troppi. Queste sono le cose che succedono nel mio studio.

Vi indico il caso dei dieci trattamenti, dieci cicli, 71 ovuli, pensavo di essere arrivata al massimo, invece devo aggiungere la dodicesima: 10 cicli, ma 88 ovuli, 60 embrioni prodotti non tutti ovviamente impiantati, dalle carte; bimbi in braccio, nessuno. E la signora ricorda di essere stata chiamata ‘la gallina dalle uova d’oro….

Quali alternative allora?

1) L’accompagnamento di queste coppie, cioè fare veramente azione di accompagnamento, di verifica della sterilità, cercare di capire cosa c’è oltre. Io evidenzio che anche nella Chiesa non c’è un briciolo di pastorale per le coppie sterili. Do solo un suggerimento.

2) Se questa sofferenza non deve essere giudicata, non deve essere nemmeno patita. Perché non ci sono prestazioni gratuite nel servizio sanitario nazionale per le psicoterapie post-fivet? Visto che nel consenso informato bisogna dirgli tutto, anche queste conseguenze, perché poi non li fanno accompagnare?

3) L’affido e l’adozione, li ho messi come ultimi, perché non mi piace questa logica. Se uno pensa all’adozione, al figlio, come oggetto tanto quanto rispetto alla fecondazione artificiale, io come psicoterapeuta dico no. Se la logica deve essere la stessa, io dico no. Io non faccio differenza tra omologa ed eterologa, la tecnica è la stessa. Dal punto di vista psicologico qualche collega sostiene che è peggio l’eterologa dell’omologa, ma per i bimbi che muoiono non mi sembra ci sia molta differenza. E mi sembra inoltre che uccidere i figli dentro la famiglia sia più grave che se se ne uccide uno fuori dalla famiglia. Non ci scandalizziamo forse di più per i delitti che avvengono in famiglia, dentro le mura domestiche? Com’è sta storia? Dentro la famiglia si può, fuori non si può? Ma non rabbrividiamo di fronte al fatto che qualcuno dei nostri familiari possa ucciderci?

Molti sono i valori messi in discussione dalla Fivet. Valori intesi come cose preziose che ci stanno a cuore, per cui sacrificarsi, non astrazioni ma cose concrete a cui si tiene:

  • il valore-diritto alla vita la Fivet uccide,
  • il valore della famiglia. Di quale famiglia stiamo parlando? Di quale coniugalità?
  • il valore della persona, della creatura, della responsabilità, dell’integrità educativa, della pace rispetto a chi ha il potere e i mezzi,
  • il concetto dell’invisibilità (solo perché sono piccoli ne facciamo quello che vogliamo?),
  • il concetto dell’imperfezione (se sei imperfetto ti scarto ma un bimbo malato non dovrebbe avere più cure?),
  • il valore del tempo (l’attesa, la speranza, la pazienza) e di converso il tempo fermo degli embrioni sotto freezer. E il tempo del mistero dove lo mettiamo, dell’avere o non avere figli? Il valore dell’ecologia umana, il passaggio dalla verità sulla vita usata, mai prodotta, manipolata al concetto di scienza – perché io non ci sto a una scienza di questo tipo- che è degradata a tecnica di laboratorio, dove tutto ciò che è tecnicamente possibile è eticamente giusto.

Già nel 1949 Romano Guardini scriveva:

Come esiste una logica della scienza, esiste pure una LOGICA DELLA VITA. La prima è evidente, quando dice per esempio che una pietra attirata dalla forza di gravità al centro della terra non può muoversi verso l’alto. L’altra è più difficile da capire, ma altrettanto inesorabile come la prima: dichiara che azioni eticamente sbagliate, anche se appaiono utili, alla fine conducono alla rovina. Mentire può recare vantaggio una, dieci, cento volte; alla fine stronca ciò su cui poggia la vita: nella propria interiorità il rispetto di se stessi, nel rapporto con gli altri la fiducia; è un danno senza rimedio. Questa conseguenza è inesorabile al pari della legge di gravità. Una tale logica funziona pure nel caso nostro. Nell’uomo c’è qualcosa che, per sua stessa essenza, non può venire violato: L’ELEVATEZZA DELLA PERSONA VIVENTE.

Come esiste una logica della scienza, esiste pure una LOGICA DELLA VITA. La prima è evidente, quando dice per esempio che una pietra attirata dalla forza di gravità al centro della terra non può muoversi verso l’alto. L’altra è più difficile da capire, ma altrettanto inesorabile come la prima: dichiara che azioni eticamente sbagliate, anche se appaiono utili, alla fine conducono alla rovina. Mentire può recare vantaggio una, dieci, cento volte; alla fine stronca ciò su cui poggia la vita: nella propria interiorità il rispetto di se stessi, nel rapporto con gli altri la fiducia; è un danno senza rimedio. Questa conseguenza è inesorabile al pari della legge di gravità. Una tale logica funziona pure nel caso nostro. Nell’uomo c’è qualcosa che, per sua stessa essenza, non può venire violato: L’ELEVATEZZA DELLA PERSONA VIVENTE. Possono addursi importanti ragioni per fare questo, e tali ragioni possono anzi divenire così urgenti che chi vi resista può sembrare un dottrinario senza cuore. Eppure, cedere qui è la distruzione finale – la distruzione precisamente di ciò che dovrebbe venire salvato. Ci si appella al diritto di intervento in nome della libertà e della possibilità per la vita di svolgersi: dal bilancio finale risulterà che la vita è in balia dell’egoismo del singolo e degli scopi dello Stato. E sarebbe veramente tempo che imparassimo a vedere quali siano le conseguenze. Abbiamo pur sperimentato che cosa vuol dire accondiscendere prima a una cosa,poi ad un’altra e poi ad una terza, asserendo ogni volta che non si poteva fare diversamente, cercando ogni volta di persuadere se stessi che il peggio non sarebbe venuto – finchè il peggio ce lo trovammo davanti… Ogni violazione della persona, specialmente quando s’effettua sotto l’egida della legge, prepara lo Stato totalitario. Rifiutare questo e approvare quella non denota chiarezza di pensiero né coscienza morale vigile”.

Chiudo con tre esempi veloci di diluizione, dispersione, inversione (Jerome Léjeune) ovvero di normalizzazione. Siamo ormai nel tempo del ‘passato di verdura’, non si distingue più la carota dalla patata, è tutto omogeneo.

Nella comunità scientifica: sto raccogliendo le testimonianze delle donne post-fivet, e quello che evidenzio è che non sono stati fatti dei colloqui di anamnesti precisi. Quante volte non ricollegano il loro dolore al fatto della fecondazione artificiale, magari hanno passato due o tre psichiatri, preso farmaci antipsicotici, sentono le voci, e poi ti scopri che hanno cicli su cicli di FIVET; ma nessuno glielo aveva mai chiesto.

Nella comunità ecclesiale. Città del Nord, un laboratorio di analisi cattolico. Il direttore sanitario mette fuori un cartello per le infermiere suore, ovviamente, e per la popolazione che va lì a fare le iniezioni. Il cartello recita: “in questo laboratorio non si fanno le iniezioni di preparazione alla fecondazione assistita”. Succede un putiferio, tutti dal direttore sanitario. “Ma come, questa è un’opera cattolica, io sono una cattolica praticante”! E questo, che è un primario in pensione molto compassato, risponde: “peggio ancora!” Un’altra donna gli dice: “ma come, io sono una cattolica praticante, e prima di fare queste cose ne ho parlato con il mio sacerdote, che mi ha dato il benestare e mi ha detto addirittura che se avevo problemi di soldi di rivolgermi a lui”! Il primario tiene adesso il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica per dimostrare che per la Chiesa le tecniche extracorporee non sono ammesse.

Nei soggetti educativi: sabato pomeriggio, un bambino di dieci anni viene a fare il compito da me. Sussidiario: “Nuove idee per una nuova scuola”. Lettura: “Il bambino sotto vuoto” tratto dall’omonimo libro. Dieci anni! Riporto il testo per intero, leggendo capirete.

“Quel giorno il postino consegnò a Berta Bartolotti un grande pacco. La signora Bartolotti prese le forbici da giardino e tagliò lo spago da imballaggio. Poi liberò il pacco dalla carta bianca e alzò il coperchio del grosso involucro di cartone. Sotto il coperchio trovò dei trucioli celesti e sui trucioli celesti una busta celeste indirizzata alla: ‘Gentilissima Signora Bartolotti, le inviamo la merce ordinata. Nell’eventualità, per noi non auspicabile, che il nostro prodotto non risponda alle sue esigenze, sia così gentile da rispedircelo a giro di posta e franco di porto: consideri naturalmente che in questo caso, per ovvi motivi igienici, il barattolo potrà essere restituito solo se sigillato’.

La signora Bartolotti posò busta e foglio sul tavolo di cucina e cominciò a rovistare nei trucioli celesti. Sentì sotto le dita qualcosa di liscio, duro e freddo. Allora si sbarazzò dei trucioli e finalmente apparve un grande barattolo di metallo argenteo. Era alto più o meno come un ombrello da uomo e largo quanto il tronco di un faggio di trent’anni. Un lato del barattolo portava l’indicazione “istruzioni all’interno”. La signora Bartolotti fece rotolare il barattolo fuori dal cartone di imballaggio e poi tamburellò sulla parete; sembrava piuttosto vuoto.

“Macedonia non è” mormorò. “Potrebbe essere popcorn” mormorò ancora. La signora Bartolotti amava i popcorn, ma il barattolo non sembrava adatto a contenere alimenti liquidi o granulosi, perchè era di quelli che aveva nel mezzo una striscia di latta terminante con un anello; tirando l’anello viene via anche la striscia di latta che gira intorno al barattolo e questo si divide in due parti. Quindi doveva esserci solo qualcosa di solido.

La signora Bartolotti afferrò l’anello e lo tirò. Allora … fu un bene che la seggiola di cucina si trovasse proprio dietro di lei, perchè provò un terribile spavento. Cominciò a tremare dalla punta dei capelli a quella dei piedi, le girò la testa, barcollò e piombò a sedere.

L’essere accoccolato nel barattolo disse:

– Buongiorno, mamma cara! – rivolgendole un cenno amichevole.

Adagiato sulla parte inferiore del barattolo c’era un nano raggrinzito che disse:

– Mammina, la soluzione nutritiva è nel coperchio.

La signora Bartolotti scosse la testa e sbattè più volte le palpebre, poi riuscì a scorgere, attaccato al coperchio, un sacchetto celeste con su scritto “soluzione nutritiva” e sotto, in lettere più piccole: “sciogliere il contenuto della busta in quattro litri d’acqua tiepida e versarlo nella scatola subito dopo averla aperta”.

Berta Bartolotti seguì l’istruzione: la soluzione nutritiva era marrone scuro. La versò lentamente sulla testa del nano raggrinzito che assorbì tutta l’acqua marrone assumendo un aspetto sempre più liscio e meno grinzoso, finchè in pochi attimi si trasformò da nano in un bambino perfettamente normale.

Quando la signora Bartolotti ebbe finito di versare tutti e quattro i litri d’acqua, nel barattolo c’era un bambino di circa sette anni. aveva un sano colorito abbronzato, la pelle morbida e liscia, gli occhi azzurri, i denti da latte e i capelli biondi e riccioluti. Era nudo. Il bambino uscì in fretta dal barattolo e porse alla signora Bartolotti una busta celeste, di plastica, saldata agli angoli e impermeabile. Sopra era stampata a lettere nere la scritta: documenti. La busta infatti conteneva: un certificato di nascita, un certificato di cittadinanza e il libretto delle vaccinazioni.

Sul certificato di nascita c’era scritto: Padre: Marius August Bartolotti; Madre: Berta Bartolotti; data di nascita: 23.10.1981; luogo di nascita: sconosciuto.

La signora Bartolotti trovò anche un cartoncino smerlato con su scritto in inchiostro celeste:

Cari genitori, il vostro più ardente desiderio è stato finalmente esaudito! Noi abbiamo fatto il possibile per garantirvi una discendenza soddisfacente, gradevole e dotata. Ora tocca a voi! Il vostro non sarà certo un compito difficile, visto che la nostra tecnologia avanzata ci permette di fornire merce perfetta ed esente da tutti quei difetti che sono invece riscontrabili in natura. Un’ultima raccomandazione: il nostro prodotto è costituito in modo da aver bisogno, oltre che della normale cura e manutenzione, anche di affetto. Non dimenticatelo! I nostri migliori auguri per un felice futuro”.

Questo il testo del racconto. A margine, alcuni riquadri con le domandine per lo scolaretto. Nell’ultimo riquadro c’è scritto:

Il progresso scientifico del mondo attuale è in grado di operare manipolazioni sull’uomo. Ne hai mai sentito parlare? Tu cosa ne pensi? Discutine in classe con l’insegnante”.

Dieci anni!

Note

  1. Bernasko, Obst Gynecol, 1997; Daniel, Fertil Steril, 2000; Elster, Fertil Steril, 2000; Perri, J Assist Reprod Genet, 2001; Olivennes, Hum Reprod 2002; Kallen,Obstet Gynecol 2002; Wang, Hum Reprod 2004.
  2. B. Baile ‘L’embryon sur le divan. Psicopatologie de la conception humaine’, Masson, Paris 2003; Bryan, The impact of multiple preterm births on the family, BJOG 2003; Aittomäki K, Hum Reprod 2004; 19: 472-6,Bruinsma F. Hum Reprod 2000; 15: 604-607,Devroey P, Hum Reprod 2004; 10: 19-28,Gordon JW. Fertil Steril 2002; 78: 455-9,Gosden R, Lancet 2003; 361; 1975-7,Hansen M, NEJM 2002; 346: 725-30, Jackson RA, Obstet Gynecol 2004; 103: 551-63,Kovalevsky G, Fertil Steril 2003; 79: 1270-2, Klip H., Hum Reprod 2001; 16: 2451-2458, Kurinczuk JJ. Curr Opin Obst Gyn 2004; 16: 201-09, Lambert RD. Hum Reprod 2003; 18: 1987-91, Land JA, Hum Reprod 2003; 18: 455-7, Lucifero D, Hum Reprod 2004; 10: 3-18, Maher ER, Hum Reprod 2003; 18: 2508-11, Moll AC, Lancet 2003; 361: 309-10, Reis Soares S, Fertil Steril 2003; 80: 656-7, Retzloff MG, Fertil Steril 2003, 80: 851-9, Schieve LA, NEJM 2003, 346; 731-7, Strömberg B, Lancet 2002; 359: 461-5,Wang JX, Hum Reprod 2004; 19: 272-277, Nancy S.Green, Pediatrics 2004;114;256-259.
  3. J Cl Child Psycol 1998.
  4. Pediatrics 1964.
  5. Fertil Steril 2000.
  6. Manuela Ceccotti, Procreazione medicalmente assistita. Aspetti psicologici della sterilità, della genitorialità e della filiazione, Armando, Roma, 2005.
  7. L’uovo trasparente, Bompiani, 1988.
  8. Orazio Piccinini, in Avvenire, 12 febbraio 2005.
  9. R. GUARDINI, Il diritto alla vita prima della nascita, 1949, Ed. Morcelliana, 2005. pagg 37-38.