Il Magistero della Chiesa
Padre Giorgio Maria Carbone O.P. – Docente di bioetica e teologia morale presso la Facoltà di Teologia di Bologna
Il convegno organizzato nell’ottobre del 2005 era stato dedicato allo studio dell’enciclica Evangelium Vitae, in occasione del suo decimo anniversario, e anche in quella circostanza si parlò del magistero e del suo sviluppo negli ultimi decenni. Perciò in queste pagine mi limiterò ad esaminare gli interventi del magistero, del papa e delle congregazioni romane, relativi all’ultimi mesi. A prima vista potrebbe sembrare un’indagine molto ridotta. Essa, però, riserverà delle interessanti sorprese.
In questi mesi che sono trascorsi dall’elezione di Benedetto XVI il magistero della Chiesa sta cercando di approfondire e realizzare il vasto insegnamento di Giovanni Paolo II.
La fiducia nella ragione umana
Il primo livello di intervento del magistero riguarda il rapporto tra fede e ragione. La ragione umana con le sue sole forze ha la capacità di conoscere il vero: è questo ciò che il magistero ricorda continuamente all’uomo contemporaneo. Nel contesto culturale di oggi è dominante una sfiducia radicale nella ragione e nelle sue possibilità conoscitive. Perciò, il magistero avverte l’urgenza di ridare fiducia all’intelligenza umana. Sembra paradossale, ma è così, oggi sono i vescovi che ci ricordano questa verità basilare: noi non siamo semplicemente in uno stato di dubbio, ma possiamo emanciparci dal dubbio conoscitivo conoscendo il vero, approdando finalmente a delle conoscenze non solo probabili ma certe.
A questo proposito va letto il discorso che Benedetto XVI ha rivolto ai partecipanti alla 20a Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute, sul tema del genoma umano, il 19 novembre 2005:
«la Chiesa annuncia e propone le verità a tutela e a promozione della vita umana non solo con l’autorità che le deriva dal Vangelo» quindi da Gesù Cristo perché il Vangelo non è il testo scritto, è ma per Vangelo s’intende dire innanzitutto la persona fisica vivente di Gesù Cristo che è Dio, ma la Chiesa annuncia e propone queste verità «anche con la forza che le deriva dalla ragione». E proprio per questo motivo fa appello a tutti gli uomini che fino a prova contraria sono ragionevoli. Una delle difficoltà maggiori di oggi è proprio quella di far ragionare i nostri amici perché contro chi sragiona purtroppo siamo disarmati. È necessario innanzitutto imparare a ragionare in modo corretto. Perciò Benedetto XVI propone alcune soluzioni operative: lavorare sull’istruzione di base per formare in modo qualificato le coscienze, per superare il carattere mendace o omissivo della comunicazione di massa: «non si può trascurare il fatto che sempre più spesso sui problemi anche scientificamente qualificati e difficile non solo i legislatori ma gli stessi cittadini sono chiamati ad esprimere il loro pensiero, se manca un’educazione adeguata anzi una formazione adeguata delle coscienze, facilmente possono prevalere nell’orientamento dell’opinione pubblica valori falsi o informazioni deviate».
Molte informazioni scientifiche e nozioni elementari di etica sono sistematicamente taciute dai grandi mezzi di comunicazione. Faccio solo alcuni esempi recenti: quanti sono quei mezzi di comunicazione sociale che ci hanno parlato dei rischi e dei danni reali che subiscono i figli nati dalla provetta? A proposito del dibattito sull’eutanasia, sul testamento biologico o sulle dichiarazioni anticipate di trattamento quali sono quegli organi di stampa che hanno denunciato il carattere inutile di questa dichiarazione? Perché in fondo le dichiarazioni anticipate di vita, cioè living will o testamento biologico – chiamalo come vuoi tanto rimane sempre la stessa cosa – questo documento che il paziente o il futuro paziente dovrebbe firmare deprime l’autonomia professionale del medico perché o è vincolante e la deprime toucourt oppure non è vincolante ma allora che la fai a fare firmare? In realtà, si tratta di uno strumento che apertamente è il grimaldello per far entrare nel nostro sistema giuridico l’ eutanasia attiva o passiva, cioè l’ uccisione volontaria di un innocente consenziente ma più volte non consenziente. Quanti sono quei mezzi di comunicazione che hanno diffuso la notizia pubblicata in Science fin dal 2000 che le cellule staminali prelevate da embrioni causano infezioni, crisi di rigetto e tumori? Eppure questi risultati sono stati confermati anche in esperimenti successivi, condotti su topi e, poi, su scimmie. Eppure dal luglio al dicembre 2006 ci sono state ripetute polemiche sulle cellule staminali prelevate dagli embrioni. In realtà, è in atto una campagna ideologica per convincerci sempre di più della necessità di considerare l’essere umano allo stato embrionale come materiale da sfruttare, come una miniera da cui prelevare cellule che poi in realtà «impazziscono», cioè danno luogo a delle neoplasie.
Inoltre, il papa ricorda non solo la necessità dell’istruzione di base, ma anche quella della formazione: è necessario cioè
«adeguare la formazione dei pastori per renderli capaci di assumere le proprie responsabilità in coerenza con la propria fede ed insieme in dialogo rispettoso e leale con i non credenti. Ecco il compito imprescindibile di una pastorale aggiornata della salute nel campo in particolare delle applicazioni della genetica. Le famiglie oggi possono mancare delle informazioni adeguate ed avere difficoltà per mantenere l’autonomia morale necessaria per restare fedele alle proprie scelte di vita».
Istruzione di base e formazione continua e, quindi, azione culturale sono i campi di intervento necessari per radicare il nostro «operare il bene» nella verità sull’uomo e più in generale nella verità sulla creazione e su Dio. Se è vero che l’uomo si perfeziona «operando il bene», non dovrà dimenticare qual è il suo bene personale e, in particolare, il bene della sua intelligenza, non dovrà dimenticare che il suo compito principale è curare il bene dell’intelletto, cioè il vero, approdare a delle conoscenze vere. Se la nostra intelligenza non è fondata sul vero, si trova sulle sabbie mobili del dubbio o delle opinioni più cangianti e gli sfugge la sua perfezione propria.
La consapevolezza dei nostri limiti
Sempre il 13 maggio 2006, lo stesso giorno in cui è stato firmato questo documento del pontificio consiglio per la famiglia, Benedetto XVI, intervenendo al convegno plenario del consiglio per la famiglia, ha affermato: «l’embrione umano dovrebbe sempre nascere da un atto di amore ed essere già trattato come una persona». E citando l’enciclica Humanae Vitae ricorda che: «la procreazione umana dev’essere sempre frutto dell’atto coniugale con il suo duplice significato unitivo e procreativo». Con grande sinteticità riafferma che la procreazione umana dev’essere frutto della convergenza di amore, unione e desiderio procreativo.
Quindi, individua una causa culturale di tutte queste derive di cui abbiamo parlato in questa giornata «i progressi della scienza e della tecnica nell’ambito della bioetica si trasformano in minacce quando l’uomo perde il senso dei suoi limiti e in pratica pretende di sostituirsi a Dio creatore». Riacquistare il senso dei nostri limiti è un’urgenza, altrimenti rischiamo di diventare come Icaro che si innamora talmente della libertà di fare voli che poi si ammazza. Volare sarà pur bello, ma bisogna prendere determinate cautele che Icaro non prese. Il senso dei limiti sembra una cosa banale, ma è necessario ricordarlo se ognuno di noi deve saper accogliere con sapienza i limiti della propria condizione umana, che sono limiti insiti, innati cioè che sorgono con la nostra stessa nascita. È necessaria un’accoglienza sana e intelligente. Se smarriamo questa verità, saremo destinati in qualche modo a subire le ingiurie che la tecnologia e la scienza alimentate dall’economia, ingiurie che continueranno a offendere e ledere i diritti dei nostri simili che vivono la loro età embrionale, fetale o senile oppure che sono moribondi. Quindi, è necessario ricordare l’antica saggezza umana che consiste nell’essere consapevole dei propri limiti, nel saperli accettare e convivere con essi, quando un loro superamento comporterebbe un danno grave ed irreparabile alla persona nostra o alla persona di altri.
L’eclissi di Dio
Un’altra causa degli attentati alla dignità umana consiste nell’eclissi di Dio. È questo un tema ricorrente nei discorsi di Benedetto XVI che ha un’incidenza anche sul nostro argomento e che egli ha trattato in occasione dell’incontro di Verona. L’uomo contemporaneo ha estromesso Dio dalla sua vita concreta, riducendo il crocifisso a un soprammobile oppure riducendo il credo e la preghiera a una formula di stile che non ha più nessuna incidenza nella vita concreta. Estromettendo Dio dalla vita e dal mondo, Dio diventa superfluo e il mondo si presenta come opera dell’uomo. E d’altro canto avviene una radicale riduzione dell’uomo: «l’uomo inizia ad essere considerato come un semplice elemento della natura» o come frutto del caso, «come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. Si ha così un autentico capovolgimento del punto di partenza di questa cultura [illuminista e laicista], che era una rivendicazione della centralità dell’uomo e della sua libertà».
Impegno politico dei cattolici e dei non credenti
Un’altra linea di azione è indicata sempre nel discorso tenuto a Verona il 19 ottobre 2006: l’impegno politico dei cattolici e il richiamo alla responsabilità civile di coloro che non sono i politici e quindi alla responsabilità civile di ogni cittadino italiano. L’obiettivo di quest’azione consiste nella necessità di contrastare «scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi dal concepimento alla morte naturale».
Quest’invito a un impegno pubblico per la promozione della dignità di ogni essere umano è rivolto non solo ai cattolici, ma anche ai non credenti. In occasione della messa di apertura del sinodo dei vescovi del 2005, il papa, commentando la parabola evangelica dei vignaioli che uccidono il padrone della vigna, è ritornato sul tema dell’eclissi di Dio e lo ha unito a quello dell’impegno pubblico dei credenti e non credenti. In altri termini, si tratta dell’unione vitale esistente tra la fede e la carità da un lato e la giustizia sociale dall’altro.
«Gli affittuari non vogliono avere un padrone – e questi affittuari costituiscono uno specchio anche per noi. Noi uomini, ai quali la creazione, per così dire, è affidata in gestione, la usurpiamo. Vogliamo essere i padroni in prima persona e da soli. Vogliamo possedere il mondo e la nostra stessa vita in modo illimitato. Dio ci è di intralcio. O si da di lui una semplice frase devota o egli viene negato del tutto, bandito dalla vita pubblica così da perdere ogni significato. La tolleranza che ammette per così dire Dio come opinione privata, ma gli rifiuta il dominio pubblico, la realtà del mondo e della nostra vita non è tolleranza ma ipocrisia. Laddove l’uomo si fa unico padrone del mondo e proprietario di se stesso, non può esistere la giustizia. Là può dominare solo l’arbitrio del potere e degli interessi. Certo, si può cacciare il Figlio [cioè il Verbo eterno] fuori dalla vigna e ucciderlo, per gustare egoisticamente da soli i frutti della terra. Ma allora ben presto la vigna si trasforma in un terreno incolto calpestato dai cinghiali».
Siamo arrivati a questo bivio. Abbiamo estromesso Dio. È questo è un gravissimo disordine di giustizia perché la giustizia è quella virtù mediante la quale io riconosco a ciascuno il suo. Il rapporto di giustizia primario è quello che mi fa riconoscere la mia dipendenza radicale da Dio. Io e anche tu non possiamo aggiungere un giorno in più alla nostra esistenza. Per quanto possano prolungarla di qualche ora, dandoti il farmaco Revival, in sostanza se il processo necrotico è iniziato non c’è fiala di Revival che tenga.
Per amore alla realtà delle cose ogni uomo deve riconoscere la sua dipendenza radicale da Dio che è colui che ci dona continuamente l’essere, l’esistenza. È il creatore adesso, è Dio che mi crea in questo istante. Ed è falso pensare che Dio ci abbia creato quando c’è stato il Big Bang, seppure ci sia stato. Dio non è un orologiaio, che ha caricato l’orologio e, poi, si è disinteressato delle sue creature lasciando che esse facciano da sole. No! Dio ci crea adesso in questo momento come ci ha creato nel momento in cui siamo stati concepiti.
La dignità dell’essere umano allo stadio embrionale e la sua anima
«All’essere umano in quanto persona dotata di dignità, spetta essere generato e non prodotto, venire alla vita non in virtù di un processo artificiale, ma di un atto umano nel senso pieno del termine».
Ecco quanto si legge nel documento del pontificio consiglio della famiglia firmato il 13 maggio 2006.
Con lo stesso stile sintetico e preciso del papa, il documento non entra nello specifico dibattito circa la differenza tra fecondazione omologa ed eterologa con tutte le varianti dei casi particolari, ma ricorda semplicemente che l’essere umano in forza della sua dignità non può essere termine di un processo di fabbricazione, ma deve essere generato da una donna e da uomo attraverso un atto umano che sia espressione del loro amore.
Inoltre, possiamo notare che questo passaggio del documento sembra approfondire e fare eco a un recente discorso di Benedetto XVI: « Dio interviene direttamente nella creazione dell’anima di ogni nuovo essere umano. L’amore di Dio non fa differenza tra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre e il bambino, o il giovane, o l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l’impronta della propria immagine e somiglianza (Gn 1,26). Non fa differenza perché in tutti ravvisa riflesso il volto del suo Figlio Unigenito».
Ritorniamo al documento del pontificio consiglio per la famiglia, perché contiene un altro aspetto che merita grande attenzione. È la prima volta che un testo magisteriale affermi in modo preciso che Dio crea l’anima umana nell’atto stesso della fecondazione:
«La vita umana non viene soltanto dai genitori, né solo dall’insieme della natura, bensì da Dio, giacché Dio e l’uomo cooperano nella generazione dell’uomo, di ogni uomo. Dio, nel momento della fecondazione, crea l’anima e la infonde nella materia, facendo in modo che questa sia, fin dal primo istante, un corpo umano. Per questo parliamo di “procreazione”: Dio creatore e l’uomo, in misteriosa collaborazione sono, a livelli infinitamente diversi, cooperatori nel sorgere di ogni nuovo uomo. L’uomo e la donna hanno, per così dire, ricevuto la procura da Dio per partecipare, a livello di creatura, al potere creatore divino».
Tante volte nel dibattito del referendum ci è stato obiettato, a partire dal prof. Eco e poi dal prof. Galimberti, che noi cattolici ed in particolare noi domenicani saremmo stati contro san Tommaso d’Aquino perché il grandissimo Tommaso, elogiato in questo caso da questi tali, – a loro giudizio – insegnava l’animazione successiva, cioè la teoria secondo la quale l’anima razionale nel maschio sarebbe arrivata al 60° giorno, mentre nella femmina della specie umana sarebbe evidentemente arrivata un poco più tardi, solo al 90° giorno dal concepimento. Ora, questa teoria dell’animazione successiva alla fecondazione non fa parte dell’insegnamento personale di Tommaso d’Aquino, piuttosto egli riferisce semplicemente una teoria formulata da Aristotele. Questi, come ogni grande pensatore, ha elaborato il suo pensiero non come un monolita che è fisso e statico, ma è evoluto nelle sue considerazioni. Infatti, Aristotele in una opera giovanile, De generatione animalium sostiene la teoria dell’animazione ritardata: prima ci sarebbe l’anima vegetativa, poi quella l’anima sensitiva e infine quella l’anima razionale secondo quei termini temporali che ricordavo prima. Tuttavia, il pensiero di Aristotele evolve ed egli in un’opera della sua maturità, La metafisica, non sostiene più questa teoria, ma sembra propendere per un’altra soluzione quella dell’animazione immediata: non appena c’è la materia sufficiente, c’è un anima umana totalmente umana senza distinzione di sessi e di varie tipologie di anime.
Il problema, però, non può essere risolto se non rispondiamo alla domanda: cos’è l’anima? Altrimenti parliamo di una realtà, che non conosciamo in senso proprio e rischiamo il fraintendimento.
Preciso che l’anima non è uno spiritello che entra chissà da dove, dal naso dalle orecchie e, poi, si va a fissare nella ghiandola pineale o nel cuore, l’anima nessuno l’ha mai vista al microscopio perché non la si vede, in quanto è il principio che rende ragione di ogni attività vitale del singolo essere vivente, sia essa la crescita del capello, la digestione, la circolazione sanguigna e linfatica, la vista l’udito, il pensiero, il raziocinio e la volizione. Le attività di cui l’anima è il principio sono molteplici. Saranno quelle vegetative, quelle che la biologia di oggi chiama la moltiplicazione e la specializzazione delle cellule e la formazione degli organi. Saranno le attività sensitive o meglio sensoriali, cioè quelle dei cinque sensi esterni, l’udito, l’olfatto, il tatto, il gusto e la vista, e quelle dei sensi interni che sono la memoria, la fantasia, la cogitativa e il senso comune, che è quella facoltà unificante i dati dei cinque sensi esterni. Quindi, ci sono le attività intuitive, raziocinative e volitive. L’anima razionale è il principio vitale che rende ragione dell’attività intuitiva, dell’attività raziocinativa, se il singolo davvero ragiona, e dell’attività volitiva per chi sa davvero volere e non semplicemente seguire la moda.L’anima è un principio unitario, nessuno l’ha mai vista, ma è necessaria per rendere ragione di tutti questi fenomeni che sono nostri e che noi percepiamo come nostri. Si potrebbe dire che l’anima è il nostro io, che l’anima siamo noi. Ma bada bene che l’anima non è un principio biologico, cioè non è qualcosa che essere sottoposto a sperimentazione o ad osservazione al microscopio. Ripeto nessuno l’ha mai vista. Quindi non immaginare l’anima come uno spiritello perché non lo è.
Perciò, le domande del tipo: quando arriva l’anima? O quando l’anima entra nel corpo? Sono domande improprie e mal poste. Perché? Perché il mio corpo è tale perché ha l’anima. Se il mio corpo non avesse il principio vitale, non sarebbe più corpo, ma si chiamerebbe cadavere. Il linguaggio comune per fortuna, ha conservato il buon senso di queste verità basilari, che si chiamano principi di metafisica.
Perciò, quando avviene la fecondazione Dio crea l’anima umana e quella materia visibile è fin da allora corpo umano. È anche questo il motivo per cui si dice che i genitori «procreano», proprio per indicare la misteriosa collaborazione della donna e dell’uomo alla creazione dell’anima da parte di Dio, c’è collaborazione anche se a livelli ben distinti, ma complementari, tra i due genitori e Dio nell’atto con cui sorge un nuovo uomo.
Conclusione
Dal Magistero più recente, quindi, siamo invitati a impegnarci con coraggio su più fronti: dare fiducia alle capacità conoscitive della nostra ragione per uscire dalle sabbie mobili del relativismo e dello scetticismo, il che comporta innanzitutto l’impegno nella formazione e nell’istruzione; prendere coscienza con sapienza dei limiti a noi connaturali per saper riconoscere colui che non ha limiti, cioè Dio; e infine prenderci cura e amare l’uomo fin dalla sua vita embrionale, perché la dignità umana non dipende dalle dimensioni corporee o dall’età anagrafica, ma semplicemente dal fatto di appartenere alla nostra stirpe.
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