Il mio compito di presentare la legge sarà forse noioso, tecnico, ma è necessario per le successive valutazioni. Si era già tentato nella precedente legislatura (1996-2001), di fare una legge in proposito, poi però, per un colpo di mano del centro-sinistra, al Senato, è stata tolta una parte fondamentale relativa ai diritti del concepito, e quindi l’iniziativa era stata lasciata morire.

Invece nell’ultima legislatura (2001-2006), grazie anche ad un voto in certa parte trasversale (alcuni cattolici della Margherita hanno votato a favore, mentre alcuni del centro-destra o si sono assentati al momento del voto o hanno votato contro), si è giunti ad una normativa che ha evidentemente dei limiti, dei difetti, ma che nella sostanza pone qualche argine alle pratiche che non sono rispettose del diritto della vita umana ad essere tutelata.

La legge è articolata in sette capi. Il primo contiene i principi generali, il secondo norme sull’accesso alle tecniche, il terzo norme sulla tutela del nascituro, il quarto riguarda le strutture autorizzate a praticare la fecondazione assistita, il quinto prevede divieti e sanzioni, il sesto disciplina la tutela dell’embrione e, infine, il settimo, contiene le disposizioni finali e transitorie. In tutto sono 18 articoli.

Passo in rassegna brevemente i vari capi con i relativi articoli.

Il primo capo, come detto, contiene i principi generali. Nel primo articolo si dichiara che è ammessa la fecondazione assistita, con fecondazione extracorporea, qualora sia accertato che non è possibile rimuovere le cause della sterilità in altro modo. C’è una frase che poi è diventata oggetto di contestazione durante il referendum; aggiunge l’art. 1: “assicurando i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”. Questo “compreso il concepito” ha dato fastidio a tutti coloro che non riconoscono dignità umana al concepito, per cui senza problemi si dovrebbe poter sperimentare su di esso, si dovrebbe poterlo eliminare (anche con l’aborto).

Nell’art. 2 si promuove la ricerca sulle cause della sterilità e infertilità, sul come rimuoverle o ridurne l’incidenza e la ricerca sulla crioconservazione dei gameti, degli ovoli e degli spermatozoi maturi; si promuovono, altresì, campagne di informazione e di prevenzione della sterilità e infertilità. La filosofia dell’articolo sta nel non volersi arrendere di fronte al problema dell’infertilità e della sterilità, promuovendo ricerca scientifica e informazione, ma senza che ciò implichi considerare oggetti di ricerca gli esseri umani, anche se al loro inizio.

L’art. 3 integra la legge sui consultori familiari, aggiungendo tra i loro compiti l’informazione e l’assistenza nei casi di sterilità, di fecondazione assistita e in merito alle procedure di affidamento e di adozione.

Il secondo capo riguarda l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita. Il primo dei suoi articoli, l’art. 4, richiede che questo ricorso sia accompagnato da certificazione medica sulle cause che hanno condotto in quel caso specifico alla sterilità o infertilità; se non sono note le cause, tale certificazione deve attestare che esse non sono note. Inoltre tale articolo identifica anche i principi secondo i quali si deve ricorrere a tali tecniche di fecondazione assistita, la gradualità dell’invasività delle tecniche (si deve cominciare con le tecniche meno invasive dell’uomo e della donna, e arrivare a quelle più incisive, più forti solo se quelle meno invasive sono inefficaci) nonché il divieto di procreazione di tipo eterologo, ossia quella nella quale almeno uno dei gameti proviene dall’esterno della coppia. Su questo c’è stata una lunga battaglia; purtroppo una parte dei parlamentari che si proclamano “cattolici”, i cristiano-sociali, parte ormai integrante dei DS, avevano ceduto su questo principio e avevano proposto una soluzione di ammissibilità della fecondazione eterologa.

L’art. 5 stabilisce i requisiti per l’accesso alla fecondazione assistita: tra essi la maggiore età di entrambi i richiedenti, il sesso diverso, il fatto che ci sia rapporto di matrimonio o di convivenza fra i due.

Quest’ultimo, ossia la non necessità per la coppia richiedente di essere unita in matrimonio, è stato un altro dei punti controversi, anche se più nella precedente legislatura che nell’ultima. Nella precedente legislatura si era partiti con l’idea di ammettere alla fecondazione assistita solo coppie sposate; nell’ultima, invece, si è introdotta anche tale possibilità per coppie non sposate, ma solo conviventi, perchè probabilmente sarebbe stato difficile ottenere una maggioranza in parlamento se si fosse mantenuto il requisito del matrimonio, essendovi riserve anche tra i sostenitori della legge. E allora si parla di persone coniugate “o” conviventi. Uno dei miei emendamenti trasformava quella “o” in “e”: coniugate “e” conviventi, perchè non sempre chi è coniugato poi convive, ma non è stato approvato, E’ stato approvato, invece, un mio ordine del giorno, recepito dal governo, in merito alla definizione di “convivenza”. Se due stanno insieme per un giorno, due giorni, sono conviventi? Se non si precisa la natura della convivenza, si rischia di dare spazio alla fecondazione eterologa per altra via. La maggioranza a sostegno della legge non ha voluto, però, cambiare la legge, recependo al riguardo un mio emendamento, per il timore che poi questo potesse far arenare la legge alla Camera. E’ stato allora approvato il mio ordine del giorno, sottoscritto anche dai colleghi dell’UDC Borea, Gaburro, Jervolino e Sodano Calogero, che impegna il governo, in sede di emanazione del decreto di cui all’art. 7 (relativo a norme di attuazione) a fissare i criteri di accertamento della convivenza dei richiedenti la fecondazione medicalmente assistita, che garantiscano che tale convivenza sia stabile, tenendo conto al riguardo del preminente interesse del nascituro e degli indirizzi della legislazione degli altri stati europei. Il recepimento di tale ordine del giorno permetterebbe di richiamare il governo, nell’emanazione di tale decreto, a tener fede all’impegno. Purtroppo la ministra Turco, del nuovo governo di centro-sinistra, non ha prestato attenzione al problema.

Tra gli altri criteri poi, c’è l’età potenzialmente fertile di entrambi i richiedenti, per evitare maternità (e paternità) in età troppo avanzata, anche per il rischio che, in tali casi, si tratti di fecondazione eterologa. E’ fatto, altresì, divieto di fecondare se uno dei donatori interessati è morto.

L’art. 6 concerne le modalità per informare le coppie dei problemi connessi alla fecondazione assistita. Si devono dare le informazioni su ogni fase della procedura e in ogni fase, non soltanto all’inizio, sui metodi, sui problemi bioetici sottostanti, su possibili effetti collaterali sanitari e psicologici, sulle probabilità di successo (anche questo è uno dei problemi su cui si è discusso parecchio), sui rischi, sulle conseguenze giuridiche per l’uomo, la donna e il nascituro, sulle possibilità di ricorrere alla adozione o all’affidamento in alternativa alla fecondazione assistita, sull’invasività delle tecniche, sui costi economici dell’intera procedura se questa avviene presso istituti privati. Entrambi i membri della coppia devono esprimere per iscritto la volontà di ricorrere alle tecniche di procreazione assistita almeno sette giorni prima dell’intervento. Ciascuno ha la possibilità di revocare questa volontà prima che avvenga la fecondazione. Anche su questo i contrasti erano forti: c’è chi voleva che vi fosse la possibilità di revocare la volontà sempre; la questione è stata posta anche nel referendum. E’ chiaro che se si dà l’assenso alla fecondazione, poi lo si ritira una volta che la fecondazione è avvenuta, ma prima dell’impianto in utero, si è dato inizio a un essere umano il cui destino non è più umano.

Avevo personalmente presentato emendamenti volti ad evitare procedimenti di fecondazione assistita extra-corporea, proprio perché il numero degli esseri umani cui si dà inizio, condannati poi alla morte, per poter avere un caso di successo, è elevatissimo; quindi il gioco in termini di vite umane, non vale la candela. Se ci fosse stata la possibilità di dare l’assenso alla fecondazione e poi di ritirarlo, tale numero di embrioni creati strumentalmente sarebbe cresciuto.

L’articolo prevede anche la possibilità per il medico di rifiutare interventi di fecondazione assistita per motivi medico-sanitari, da specificare per iscritto. Vi è poi il dovere di informare la coppia, prima dell’intervento, sullo stato giuridico e la disconoscibilità del nascituro.
L’art. 7 prevede che il Ministero della Salute, avvalendosi dell’Istituto Superiore di Sanità e con parere del Consiglio Superiore di Sanità, emani delle linee guida sulle procedure tecniche. Esse sono vincolanti e aggiornabili ogni tre anni per tener conto dei progressi della scienza. É su questo punto che la ministra Turco voleva intervenire per allentare qualcuno dei contenuti di questa legge. Le reazioni l’hanno costretta a fare un po’ di retromarcia.

Il terzo capo riguarda la tutela del nascituro. L’art. 8 afferma che il nascituro ha lo stato giuridico di figlio legittimo o di figlio riconosciuto dalla coppia, se questa non è sposata. L’art. 9 prevede che, in caso di procedura eterologa con consenso del coniuge o convivente, questi non possa disconoscere la paternità. Si era posto il problema: se nonostante il divieto di fecondazione eterologa, questa avviene in qualche laboratorio, centro ecc., cosa succede? Può il richiedente disconoscere la paternità perchè il seme (o l’ovulo) non è il suo? La legge afferma che non si può. Identicamente la madre non può dichiarare la volontà di non essere nominata. E in caso di fecondazione eterologa il donatore non può rivendicare alcuna relazione di parentela con il nato, né diritti né obblighi con esso.

Il quarto capo riguarda le strutture autorizzate a praticare la fecondazione assistita. All’art. 10 si afferma che è necessaria l’autorizzazione delle regioni e l’iscrizione in un apposito registro di tutte le strutture che vogliono praticare la fecondazione assistita. E le regioni e le province autonome definiscono i requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture, le caratteristiche del personale, i criteri per dare l’autorizzazione o per revocarla, i criteri per controllare che la legge sia rispettata e che i requisiti continuino a sussistere.

L’art. 11 prevede che presso l’Istituto Superiore di Sanità si tenga un registro nazionale con l’elenco delle strutture autorizzate, degli embrioni formati e dei nati a seguito della fecondazione assistita. Anche su questo c’è stata battaglia, perchè si diceva che violava il diritto alla privatezza. All’Istituto Superiore di Sanità sono attribuiti compiti di informazione, di raccolta di proposte, di collaborazione con gli Osservatori epidemiologici regionali, e le strutture autorizzate alla fecondazione assistita hanno il dovere di dare informazioni all’Istituto Superiore di Sanità a agli Osservatori epidemiologici regionali in modo da agevolare i controlli.

Al quinto capo sono previsti divieti e sanzioni. L’art. 12 prevede una serie di sanzioni, la maggior parte di tipo amministrativo (sostanzialmente delle multe). Ciò testimonia la difficoltà a dare sanzioni più pesanti, che segnalino l’importanza dei diritti violati, ma al tempo stesso – vista anche la difficoltà di funzionamento della giustizia italiana – in qualche misura rende più facilmente applicabile la pena, perchè non si deve accertare un dolo (che richiede procedure lunghe e complesse per essere accertato), ma basta accertare che il fatto sia stato prodotto. In nessun caso è punibile la coppia che ricorre alla fecondazione assistita violando la legge. Ciò è stato motivato, in sede di dibattito, con la positività dei motivi che muovono la coppia. Sono puniti altri, quelli che collaborano alla fecondazione non prevista. A me personalmente la motivazione della mancanza di sanzioni sembra assai debole.

Se c’è violazione del divieto di fecondazione eterologa, si prevede una multa che va da 300.000 a 600.000 euri. Per chi invece applica tecniche di fecondazione artificiale a chi manca dei requisiti (età, sesso diverso, convivenza, ecc.) la multa va da 200.000 a 400.000 euri. Da notare che i requisiti sono autocertificati, quindi c’è una certa possibilità di falsificarli; c’è sempre la responsabilità della falsa dichiarazione, ma chi va poi a cercare se e come? Si sa come le autocertificazioni valgano poco anche nel campo delle politiche sociali. Per chi non informa adeguatamente per ottenere il consenso, la multa va da 5.000 a 50.000 euri. Per chi opera in strutture non autorizzate è prevista una multa da 100.000 a 300.000 euri.

Vi sono poi sanzioni penali, più pesanti, e vengono previste per la clonazione, per il trasferimento di nuclei da una cellula all’altra per riprodurre un altro essere con caratteristiche identiche a quello di provenienza. In questo caso sono previste la reclusione da 10 a 20 anni, la multa da 600.000 a 1 milione di euri e l’interdizione perpetua alla professione medica. Negli altri casi in cui si abbia la clonazione, si ha la sospensione da uno a tre anni per gli esercenti professioni sanitarie. Se ci sono violazioni delle norme che riguardano le strutture è prevista la sospensione dell’autorizzazione per un anno per una sola violazione e la sua revoca se si hanno più violazioni o la recidiva.

Il capo sesto concerne la tutela dell’embrione. L’art. 13 prevede il divieto di qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano. E’ ammessa la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione solo per finalità terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e dello sviluppo dell’embrione stesso, se non sono disponibili metodologie alternative. In altri termini, è possibile fare ricerca su un embrione solo agli effetti di migliorare la qualità della sua vita e ciò non sia possibile in altro modo. Anche questa disposizione è stata uno dei punti caldi di discussione in parlamento, perchè gli oppositori affermavano che essa avrebbe bloccato il progresso della ricerca scientifica.

L’art. 13 prevede, altresì, il divieto di produrre embrioni umani a fini diversi da quelli della fecondazione assistita come disciplinata dalla legge: a fini di selezione eugenetica di embrioni e gameti (ossia per selezionare le caratteristiche genetiche del futuro essere umano), a fini di manipolazione genetica (per determinare le caratteristiche del futuro essere umano); prevede ancora il divieto di clonazione con trasferimento del nucleo o con scissione precoce dell’embrione o con ectogenesi. Infine è previsto il divieto anche di fecondazione di gamete umano con gamete di specie diverse, produzione di ibridi o di chimere (ci sono tecniche di incrocio di cellule animali con cellule vegetali già usate!).

Le sanzioni, in questi casi, sono più pesanti: contro il divieto di sperimentazione c’è la reclusione da uno a sei anni e una multa da 50.000 a 150.000 euri; per altre violazioni l’aumento di pena, l’impossibilità che circostanze attenuanti superino il peso di quelle aggravanti e la sospensione professionale da uno a tre anni per gli esercenti professioni sanitarie.

L’art. 14 specifica i limiti all’applicazione delle tecniche di trattamento degli embrioni. Vi è divieto di crioconservazione o di soppressione degli embrioni, E’ stato un altro dei punti di forte conflitto parlamentare. L’articolo prevede, altresì, che la produzione di embrioni non debba superare il numero strettamente necessario alla gravidanza, e in ogni caso non superiore a tre. La crioconservazione è ammessa soltanto per gli embrioni per i quali sia intervenuto fra il periodo della fecondazione e il periodo dell’impianto un fatto grave, di forza maggiore, che rende impossibile l’impianto. Però è previsto anche il dovere di impiantare tale o tali embrioni non appena questo fatto di forza maggiore venga a perdere peso.

E’ previsto, ancora, il divieto di riduzione del numero di embrioni in caso di gravidanza plurima, facendo salvi, peraltro, i diritti previsti dalla legge 194 sull’aborto, che prevede la possibilità di abortire, nonché il divieto di informazione sulla salute degli embrioni e sul loro numero per i soggetti dell’art. 5. Le sanzioni per chi viola i limiti di crioconservazione e di produzione di embrioni in sovrannumero, sono la reclusione fino a tre anni, la multa da 50 a 150.000 euri, la sospensione fino a un anno per le professioni mediche. È consentita la crioconservazione dei gameti, previo consenso informato e scritto.

Da ultimo, il capo settimo contiene le disposizioni finali e transitorie. Per l’art. 15, entro il 28 febbraio di ciascun anno, il ministro deve fare una relazione al parlamento sulla base di una relazione dell’Istituto Superiore di Sanità. All’art. 16 è ammessa l’obiezione di coscienza del personale sanitario e ausiliario, purchè sia dichiarata preventivamente con un certo termine, almeno un mese, prima che diventi efficace; l’obiezione è revocabile. Tale previsione di possibilità di obiezione di coscienza è interessante, perchè viene in qualche modo riconosciuto che nella pratica della fecondazione artificiale ci può essere per qualcuno lesione di un valore forte, fondamentale. Il fatto che l’obiezione di coscienza sia ammessa vuol dire che è riconosciuto dalla Repubblica come, per una parte dei membri della collettività la fecondazione assistita sia lesiva di un valore fondamentale, e quindi uno di tali membri, se esercente professioni sanitarie, può rifiutare di collaborarvi.

L’art. 17 regola il passaggio dalle autorizzazioni precedenti l’approvazione della nuova legge a quelle successive; le autorizzazioni precedenti (registrate presso il Ministero ai sensi del precedente Regolamento del 1997) vengono prorogate di nove mesi; le strutture, la cui autorizzazione è così prorogata, devono comunicare il numero di embrioni prodotti in passato (cioè prima della legge) e l’elenco dei nomi delle persone che hanno fatto ricorso a tecniche di fecondazione assistita, nel rispetto del diritto alla privatezza. La sanzione alle strutture che non comunicano questi dati va da 25.000 a 50.000 euri.

E’ previsto, poi, l’obbligo del Ministero di definire entro tre mesi le modalità e i termini di conservazione degli embrioni già prodotti. Questa è una delle questioni lasciate aperte dalla legge; nella precedente legislatura il disegno di legge che stava per essere approvato prevedeva l’adottabilità di tali embrioni. In questa legge non si è voluto prendere nessuna decisione, per i dubbi che l’adottabilità legittimasse per qualche verso la fecondazione eterologa. Si è preferito rimandare il problema a ulteriori linee guida.

All’art. 18 vi è la previsione di un fondo da distribuire alle regioni e alle province autonome per tutte le spese in più che sono connesse alla legge sulla fecondazione assistita.

Questo, in sintesi, è il contenuto della legge.

Mi si consentano, in chiusura, alcune considerazioni di ordine politico e di morale politica.

Devo dire che io ho votato a favore di questa legge, anche se ho combattuto proponendo quegli emendamenti che potevano renderla del tutto accettabile anche a chi non vuole fare compromessi nella tutela della vita di ogni essere umano fin dal concepimento. Gli emendamenti non sono stati accettati, ma ho scelto di votare ugualmente a favore. Il rischio che la legge non passasse se resa più aderente al pieno rispetto del diritto alla vita e garantendo al nascituro una famiglia stabile, era evidente. Se non fosse stata approvata, la situazione che ne sarebbe risultata sarebbe stata probabilmente peggiore di quella provocata con questa legge. Di fronte a due mali inevitabili, ho in coscienza scelto per il male minore. Ho seguito questo tipo di criterio, senza però rinunciare a dire la verità; e dire la verità significa dire che siamo di fronte ad esseri umani, non a materiale biologico, e che quindi vanno calibrati i valori in campo (vita umana da tutelare e desiderio di paternità e maternità), tenendo conto che da una parte ci sono esseri umani destinati strumentalmente in gran parte alla morte e dall’altra un desiderio di una coppia. Non si possono rendere esseri umani, anche se agli inizi, solo strumento per soddisfare un desiderio. L’essere umano non è mai strumentalizzabile.

Sul referendum mi sono impegnato, assieme al partito che in Trentino presiedo, il Centro Popolare, affinché la gente non andasse a votare, perchè anche in questo caso ritenevo ciò più efficace per conservare la legge. Dal punto di vista politico – io facevo parte del gruppo parlamentare dell’UDC – devo dire che c’è stata una sostanziale tenuta della maggioranza di centro-destra, pur con alcuni parlamentari di impostazione laico-liberale-radicale della Casa delle Libertà che, invece, avversavano la legge (l’esponente più esposto è stato Del Pennino, del vecchio Partito Repubblicano, ma dietro a lui ce n’erano alcuni altri, specie di Forza Italia). Questi hanno combattuto contro la legge fino alla fine, anche se fra essi qualcuno è uscito dall’aula per non votare contro, indebolendo la maggioranza. In questa situazione è stata determinante per l’approvazione della legge la presenza e l’azione politica di altri cattolici, dello schieramento di centro-sinistra. Senza questa presenza, soprattutto di parlamentari vicini al movimento dei Focolarini, aderenti alla Margherita, non so se questa legge sarebbe arrivata in porto.

Si può dire che l’approvazione di tale legge sia un fatto positivo o negativo; si può dare un giudizio negativo così forte da far dire che sarebbe stato meglio non avere alcuna legge. Io non sono stato di questo avviso e continuo ad esserlo, pur avendo delle riserve.

Il duro giudizio che i DS hanno dato dei loro colleghi Popolari della Margherita che hanno sostenuto la legge fa veramente dubitare di come sia possibile immaginare un partito unico, ora in programma, che comprenda persone con orientamenti di valore così contrapposti. La violenza con cui il senatore Gavino Angius, che era capogruppo dei DS in Senato, ha qualificato come retrograda la posizione di questi cattolici dentro la Margherita, è stata veramente insopportabile.

Una seconda notazione prima di chiudere: una signora del Movimento per la Vita diceva: “noi siamo gli ecologi della vita”. Sono stato per cinque anni nell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, dove si sono combattute battaglie culturali sull’eutanasia, sulla fecondazione artificiale, sulla manipolazione genetica, ecc.. Quelle sull’eutanasia e sulla manipolazione genetica le abbiamo vinte, non per la sola forza del gruppo del PPE, insufficiente e non sempre coesa, ma anche per la presenza di parlamentari di altri gruppi, anche di sinistra, con una sensibilità ecologista, sensibili alla naturalità anche della riproduzione umana, sensibili al valore della vita umana. Alla sua tutela giungono applicando il principio di precauzione; non si sa, dicono, se la vita umana cominci con la fecondazione, ma potrebbe anche essere e, nel dubbio, è inammissibile trattare tale essere come materiale di laboratorio, come oggetto, senza tutele. Ecco, questa sensibilità va crescendo anche al di là dello schieramento cosiddetto “cattolico” che ha sostenuto in Italia la legge 40. Nel resto d’Europa ci sono spazi per contributi alla tutela della vita provenienti anche da sensibilità diverse. A Strasburgo, nel Consiglio d’Europa abbiamo vinto per pochissimi voti la battaglia sulla manipolazione genetica, grazie a interventi di socialisti tedeschi, di qualche laburista inglese (in Gran Bretagna i cattolici preferiscono il partito laburista a quello conservatore, legato alla confessione anglicana) – e poi (ed è una cosa su cui riflettere) dei mussulmani turchi.

Grazie a questi, tra le raccomandazioni del Consiglio d’Europa, è rimasta quella di tutelare l’embrione. Non è poca cosa, di fronte alle tendenze di scienziati e di grandi gruppi di interesse di vario genere a manipolare l’embrione umano come semplice oggetto. E non è detto che ciò non sia un buon segnale!