La terapia psicologica nella sterilità di coppia

Dr. Alessandro Ceschini

Recenti studi epidemiologici hanno mostrato come in Italia quasi il 20% delle coppie presenti problemi di infertilità, di queste circa un sesto ha una diagnosi di sterilità “sine causa” o idiomatica. Tuttavia nella maggior parte dei casi è presente un forte desiderio di avere un figlio, tale da spingere diecimila di loro, ogni anno, verso uno dei 258 centri autorizzati, tra pubblici e privati, alla fecondazione assistita. Ciò in quanto il divenire padre o madre costituisce l’esperienza più coinvolgente, profonda e definitiva della vita umana. Potremmo affermare che è proprio la nascita di un figlio ad istituire la famiglia, appunto perché questa ha il suo specifico in quell’elemento “terzo” che è la genitorialità e la progettualità della coppia.

 

Sulla base di tali premesse ci sembra di fondamentale importanza l’interrogativo se la sterilità sia una malattia, nel senso biologico più stretto, da curare soltanto con le nuove tecnologie, o se si tratti invece di una malattia dei sentimenti, delle relazioni, le cui cure devono essere affidate anche a strumenti differenti da quelli che offre la Medicina della Riproduzione.
Bisogna innanzitutto sottolineare che la sterilità è un antichissimo tabù, che ha attraversato transculturalmente tutte le epoche storiche, trovando formulazioni e risposte diverse in tempi e culture differenti. Mentre nelle società agricole il modello di filiazione era strumentale e la fertilità dipendeva più da scelte naturali che culturali, nella nostra società post industriale, a fertilità controllata, il modello di filiazione è prevalentemente narcisistico: scopo ultimo è il bambino come valorizzazione e gratificazione personale per la stabilità emotiva e la autorealizzazione dei genitori.
Tuttavia, proprio questa tendenza alla progettualità riproduttiva delle coppie occidentali si sposa con una crescente domanda di trattamenti per la sterilità. Da quando cioè si può programmare e pianificare una nascita sono aumentati parallelamente i casi di sterilità. Sembra quasi che gli equilibri psichici abbiano difficoltà ad andare di pari passo con le conquiste sociali: più avanza la civiltà e il suo progresso e più aumenta quello che Freud chiamava “il disagio della civiltà”.
Da siffatta prospettiva non desta stupore che l’oggetto del curare sia oggi divenuto non il corpo sterile, ma direttamente il figlio, quasi che il non esistere sia paradossalmente lo stato patologico da curare. L’intervento psicologico appare dunque essenziale per analizzare le istanze che si nascondono dietro il progetto di filiazione e far emergere le domande che la persona pone al bambino che progetta o spera di generare. Questa prima mossa, che imposta la cura, è al tempo stesso un’indicazione etica. Più che soddisfare con immediatezza un desiderio, correndo il rischio di colludere con le dinamiche onnipotentistiche della coppia, vanno focalizzati i nodi psicologici che interferiscono con il concepimento: che cosa li ha portati adesso a desiderare un bambino, se tale desiderio è condiviso o no, e come viene vissuto.
Occorre quindi una cronistoria della coppia, comune e personale, che vada oltre il problema del concepimento, dalla quale deve emergere il bambino reale e quello metaforico. Il bambino reale, ormai dimenticato e rimosso, deve infatti riconciliarsi con quello immaginario, tanto sognato e desiderato. Il progetto di generatività dei partners può così rientrare in contatto con il bambino reciproco in loro, che al momento è assente e sofferente, senza più rappresentare una sorta di dovere, esame o tentativo ( chissà se questa volta sarà quella buona…). Ciò in sintonia con quanto già raccomandavano i nostri antenati dell’antica Grecia, dove i genitori ancor prima di concepire dovevano mettersi in uno stato d’animo di ricettività: secondo la eugenesi ( o “buona nascita”) l’ embrione si plasma prima nella psiche dei genitori e poi nel loro corpo.
Sulla scia di queste considerazioni riteniamo essenziale che venga offerto un contesto simbolico al sintomo sterilità. Spesso, in effetti, quello che crediamo di volere è in conflitto con quello che davvero vogliamo. Possiamo credere ad esempio di volere un bambino, mentre la cosa non ci convince affatto e la conflittualità tra le due dimensioni può scatenare il sintomo. L’infecondità quindi non può essere affidata unicamente alla procreazione medicalmente assistita, non solo quando è strettamente psicogena, ma anche quando – come nella maggior parte dei casi – cause organiche e cause psichiche sono mescolate insieme. Soma e psiche sono indiscindibili e il sintomo che si installa nel corpo lo prova incontrovertibilmente: nonostante i trattamenti medici vi sono situazioni di sterilità molto resistenti, anche in assenza di cause organiche, come se al desiderio dichiarato di volere un bambino si opponesse una controvolontà che si rifiuta di assecondarlo.
A tale proposito è bene ricordare l’autorevole Harvard Medical School, per la quale metà delle donne che ricorrono alla fecondazione assistita non ne hanno bisogno. Sottoponendo a psicoterapia 174 donne infertili, oltre che depresse da lungo tempo, si è osservato che, passata la depressione, sono rimaste incinte più del 50% di loro. Questi risultati, in perfetta sintonia con quelli osservati nella nostra esperienza professionale, dovrebbero far riflettere chi, attraverso l’assistenza medica, si incarica di forzare l’impedimento, o più spesso l’incognita, che rende la coppia sterile. Tale forzatura, quando eventualmente funziona, non è comunque un buon auspicio né per i genitori né per il bambino futuro.
In sintonia con il pensiero di Marie M. Chatel, autrice de “Il disagio della procreazione”, molte delle attuali situazioni di sterilità ci appaiono come sintomi di ritorno, cioè come risposte sintomatiche al tentativo di padroneggiare il concepimento. Un bambino non nasce solamente perché lo si vuole o lo si desidera, e il perché di una gravidanza resta comunque nel suo fondo enigmatico. E oggigiorno le donne sono lasciate sole, uniche arbitre della responsabilità o meno di una nascita. E’ una solitudine, che non trova appigli in un apparato simbolico sempre più traballante, dove procreazione e affiliazione, maternità e paternità, sono funzioni sempre più difficili da definire.
Da quanto detto risulta evidente la necessità di un intervento che garantisca alle coppie sterili un percorso psicologico capace di restituire alla cura del sintomo la pertinente dimensione simbolica, attraverso un processo terapeutico di maturazione e rielaborazione dei propri vissuti.

Sabato 27 Ottobre 2001 – Prima Sessione

Apertura dei lavori: Giuseppe Garrone, Presidente Federazione Regionale MPV e CAV

Presiede Luigi Frigerio  – L’infertilità: aspetti scientifici e medici

Primario ostetrico Ospedali riuniti – Bergamo

Relazione: Prof. Pino Noia – “Le cause mediche e sociali della sterilità”

Professore Associato Istituto di Ostetricia e Ginecologia, Università Cattolica di Roma

Relazione: Prof. Angelo Serra – “Sterilità genetica: quali speranze?”

Genetista – Professore emerito di Genetica Umana; Facoltà di medicina e Chirurgia
Università cattolica di Roma; Membro effettivo dell’ Accademia Pontificia per la Vita

Relazione: Prof. Filippo Boscia – “Quale alternativa medico-chirurgica alla FIVET?”

Primario ostetrico ospedale di Bari; Docente di Ginecologia e ostetricia, Università di Bari

 – Seconda sessione –
Presiede MARIO CAMPANELLA – Una risposta umana all’infertilità

Ginecologo; Presidente della Confederazione italiana dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità

Comunicazione: Dott. Alessandro Ceschini – “La terapia psicologica nella sterilità di coppia”

Psicologo – Dirigente ASL RM/E, Dipartimento Materno Infantile

Relazione: Prof. Elena Giacchi – “I metodi naturali: quale aiuto nell’infertilità?”

Centro Studi e Ricerche per la Regolazione Naturale della Fertilità- Gemelli – Roma

Comunicazione: Medua Grazie Boioni Dedè – “L’insegnamento del metodo Billings: contributo di un’esperienza di servizio all’amore e alla vita. Prospettive per il futuro”

Consulente sessuale, Direttore Consultorio CEAF – Milano

Relazione: Prof. Louis Jensen – “Dall’infertilità alla fertilità”

Direttore Istituto Paolo VI; Studio Infertilità e Fertilità umana

Domenica 28 Ottobre 2001 – Terza sessione

Presiede Vittorio Possenti – La risposta dell’accoglienza e la Parola della Chiesa

Docente Università di Venezia; Membro del Comitato Nazionale di Bioetica

Relazione: Prof. Gianfranco Arnoletti – “Non diritto al figlio, ma diritto del figlioad una famiglia”
Presidente C.I.F.A.

Testimonianza

Livio e Liliana Lucà Trombetta; Fondatori del PROGETTO FANHA

Relazione: S. Em. Card. Alfonso Lopez Trujillo – “L’accoglienza del figlio nella famiglia cristiana”Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia

Conclusioni