“Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perchè ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4, 4-5).
“Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, veniva a visitarli dall’alto un sole che sorge, per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace (Lc 1, 78-79).
“In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini: la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta (Gv 1, 4-5).
“Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome” (Gv 1,11-12).
La prima di questi credenti, la prima ad accogliere LA VITA nascente che è Gesù, è stata SUA MADRE, MARIA.
L’assenso di Maria all’Angelo Gabriele che Le annunciava d’aver “trovato grazia presso Dio” (Lc 1,30), al punto di essere stata prescelta “fra tutte le donne” (Lc 1,42) per divenire “Madre del Signore” (Lc 1,43), non è stato solo un atto di fede e di amorosa accoglienza del “Verbo della Vita” (1Gv 1,1), ma anche un atto di custodia e difesa dal minaccioso rifiuto operato dal mondo delle tenebre nei confronti del “Verbo fatto carne” (Gv 1,14).
Ciò è implicitamente contenuto in queste parole dell’enciclica Evangelium Vitae:
“Il consenso di Maria all’Annunciazione e la sua maternità si trovano alla sorgente stessa del mistero della vita che Cristo è venuto a donare agli uomini (cf. Gv 10, 10). Attraverso la sua accoglienza e la sua cura premurosa per la vita del Verbo fatto carne, la vita dell’uomo è stata sottratta alla condanna della morte definitiva ed eterna … Maria è per tutto incomparabile modello di accoglienza e di cura della vita”, e della vita nascente in particolar modo.
1. Maria è l’Immacolata Concezione, è la Verità della creazione
Il modello costituito da Maria è incomparabile non solamente per la fede e l’amore con cui Ella ha accolto Gesù, ma anche per lo splendore della Sua persona, “tesoro di verità e bellezza” che “rifulge sul volto” (2 Cor 4,6) della “donna vestita di sole” (Ap 12,1).
“In Maria noi abbiamo il tipo, il modello della perfezione umana, abbiamo la piena di grazia, cioè la Donna fra tutte benedetta, che rispecchia in se stessa il pensiero integro e splendido di Dio, che ha voluto fare dell’uomo, prima della rovina del peccato originale, l’immagine Sua propria, e che nella previsione dei meriti infiniti di Cristo Redentore, ha rimodellato in Maria l’eccezionale creatura irradiante la Sua affascinante somiglianza. Questa è una stella che non si spegne; questo è un fiore emergente nella palude dell’umana miseria, che non appassisce, ma rimane vergine e puro, tutto candore, tutto bontà, per la gloria di Dio e per la consolazione di noi mortali, come un invito materno, come una sorella beata, esemplare amico, tutto ideale e tutto reale; e tutto per noi, a ricordare le bibliche parole, nostra speranza, che “dove abbondò il male, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20)” .
Quale fiore mirabile emergente nella palude dell’umana miseria, Maria ci ricorda anzitutto che il fondamento della difesa e dell’accoglienza alla vita è la verità della creazione.
In molti punti l’enciclica Evangelium Vitae si fa eco di questa radiosa, vivente memoria rappresentata dalla “piena di grazia”. Eccone qualcuno:
“Tutto ciò che è contro la vita stessa …, tutto ciò che viola l’integrità della persona umana …, tutto ciò che offende la dignità umana …, tutte queste cose e altre simili, sono certamente vergognose e, mentre guastano la civiltà umana, inquinano coloro che così si comportano ancor più che non quelli che le subiscono, e ledono grandemente l’onore del Creatore” .
“Quando viene meno il senso di Dio, anche il senso dell’uomo viene minacciato, inquinato, come lapidariamente afferma il Concilio Vaticano II: La creatura senza il Creatore svanisce … anzi, l’oblio di Dio priva di luce la creatura stessa”. (GS 36).
A riguardo della celebre definizione di S. Ireneo: “l’uomo vivente è la gloria di Dio”, Giovanni Paolo II afferma:
“All’uomo è donata un’altissima dignità che ha le sue radici nell’intimo legame che lo unisce al suo Creatore: nell’uomo risplende un riflesso della stessa realtà di Dio. Lo afferma il libro della Genesi nel primo racconto delle origini, ponendo l’uomo al vertice dell’attività creatrice di Dio, come suo coronamento, al termine di un processo che dall’indistinto caos porta alla creatura più perfetta. «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza» (Gen 1,26). La vita che Dio offre all’uomo è un dono con cui Dio partecipa qualcosa di sé alla sua creatura” .
Commentando l’affermazione stupefatta del Salmista: “Sei tu che hai creato le mie viscere” (Sal 139,13), il Papa della vita insegna:
“Ma è soprattutto operante la certezza che la vita trasmessa dai genitori ha la sua origine in Dio, come attestano le tante pagine bibliche che con rispetto e amore parlano del concepimento, del plasmarsi della vita nel grembo materno, della nascita e dello stretto legame che v’è tra il momento iniziale dell’esistenza e l’agire di Dio Creatore. «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato» (Ger 1, 5): l’esistenza di ogni individuo, fin dalle sue origini, è nel disegno di Dio” .
Infine, stupefatto dalla sua stessa contemplazione, Giovanni Paolo II chiede:
“Come pensare che anche un solo momento di questo meraviglioso processo dello sgorgare della vita possa essere sottratto all’opera sapiente e amorosa del Creatore e lasciato in balia dell’arbitrio dell’uomo?” .
E il suo sguardo pieno di meraviglia vorrebbe prestare ad ognuno i propri occhi illuminati dalla fede: “E’ lo sguardo che nasce dalla fede nel Dio della vita, che ha creato ogni uomo facendolo come un prodigio (cf. Sal 139/138, 14). È lo sguardo di chi vede la vita nella sua profondità, cogliendone le dimensioni di gratuità, di bellezza, di provocazione alla libertà e alla responsabilità. È lo sguardo di chi non pretende d’impossessarsi della realtà, ma la accoglie come un dono, scoprendo in ogni cosa il riflesso del Creatore e in ogni persona la sua immagine vivente” (cf. Gn 1, 27; Sal 8, 6) .
Il Papa non lo dice esplicitamente, ma sta parlando dello sguardo della Madre di Dio. Proseguendo esorta tutti “ad assumere questo sguardo, ridiventando capaci, con l’animo colmo di religioso stupore, di venerare e onorare ogni uomo. Animato da questo sguardo contemplativo, il popolo nuovo dei redenti non può non prorompere in inni di gioia, di lode e di ringraziamento per il dono inestimabile della vita, per il mistero della chiamata di ogni uomo a partecipare in Cristo alla vita di grazia e a un’esistenza di comunione senza fine con Dio Creatore e Padre” .
2. Guardare la vita come Maria
Contemplando la sublime bellezza di Maria, non ci è solo comunicata la pienezza della Sua anima esultante, ma assumiamo anche a poco a poco, il suo sguardo spirituale e soprannaturale che possiamo a nostra volta comunicare guardando con amore tutti coloro che non sanno riconoscere l’origine e la bellezza divina del dono della vita. Questa è la più semplice, limpida, personale strategia difensiva a favore della vita umana.
Ha scritto la benedettina Anna Maria Canopi:
“Nel nostro tempo, in cui l’umanità è afflitta perché deturpata da tante brutture, vengono spesso ricordate le parole, in un certo modo profetiche, di Dostoevskij: “Solo la bellezza salverà il mondo”. Si tratta di quella bellezza che coincide con la santità, perciò si può pensare che Maria avrà sempre nella storia della salvezza una parte eminente e indispensabile. La Chiesa che vede in Lei il suo prototipo e la sua piena realizzazione, custodisce quale immenso tesoro il culto a Maria; essa ha il compito di mostrare in piena trasparenza il bel volto della Sua Madre, affinché tutti gli uomini possano trovare in Lei una fonte inesauribile di consolazione e di pura gioia”.
Ogni bellezza creata in questo mondo, è riflesso e partecipazione anzitutto della Bellezza incerata che rifulge sul volto di Cristo, “il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 44,3); in secondo luogo, in certo modo, è immagine di quella donna, Maria, in cui “ … si rispecchia la bellezza primigenia con cui Dio aveva concepito l’umanità; in Lei rinasce il colloquio degli angeli con l’uomo innocente; in Lei rifulge un’integrità verginale che il mondo ammira e non ha; in Lei il silenzio profondo dell’anima perfetta e aperta all’infinito si fa amore, si fa parola, si fa vita, si fa carne, si fa Cristo; in Lei ogni pietà, ogni gentilezza, ogni umanità, ogni poesia, è donna viva” .
Alla luce di queste parole possiamo ben affermare che come è vero che “solo la bellezza salverà il mondo”, così è certo che solo la bellezza di Maria salverà la vita dell’uomo.
Scrive San Giovanni della Croce nel Cantico Spirituale:
“Le creature sono come un’impronta del passaggio di Dio; in esse s’intravedono la Sua grandezza, la Sua potenza, la Sua saggezza e altre virtù divine … va ricordato che nella sola immagine del Suo Figlio, Dio contemplò tutte le cose. In questo modo donò loro l’essere naturale, arricchito di molti doni naturali, facendole complete e perfette, come dice la Genesi: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona” (Gen 1,31). Vederle molto buone equivaleva a farle molto buone nel Verbo, Suo Figlio. E non solo guardandole comunicò loro l’essere e i doni naturali, ma con la sola immagine del Figlio le lasciò rivestite di bellezza, partecipando loro l’essere soprannaturale. Questo avvenne quando Egli si fece uomo, innalzando l’uomo alla Bellezza di Dio. E di conseguenza innalzando in Lui tutte le creature, perché si è unito alla natura di tutte le cose dell’uomo … Così nella glorificazione della Incarnazione del Suo Figlio e della Sua Risurrezione secondo la carne, il Padre non solo abbellì in parte le creature, ma potremmo dire che le rivestì completamente di bellezza e dignità” .
Più di tutte e incomparabilmente, di tale bellezza divina è stata rivestita la Vergine Maria.
3. Apostoli della Vita, apostoli degli ultimi tempi
“Per mezzo di Maria incominciò la salvezza del mondo, e per mezzo di Maria deve essere compiuta” , ha profetizzato: Luigi M. Grignon da Monfort. Ciò non avverrà senza l’opera di quelli che egli chiama “gli apostoli degli ultimi tempi”. Ora io credo che questi ‘ultimi tempi’ siano arrivati, sono i nostri tempi, veramente ‘ultimi’ perché si è ormai raggiunta l’ultima frontiera del male, l’attacco più violento e perverso mai scatenato da Satana contro Dio, contro l’Autore della Vita.
Il peccato ormai si è, per così dire, ‘incistato’ nelle radici profonde dell’Albero della Vita, colpendo il Cuore di Dio, anzi colpendo Dio al cuore, il suo Cuore di Creatore, di Padre amante della vita e vita in Se stesso.
La missione di questi ‘Apostoli della Vita’ consiste nell’aiutare l’uomo a riconoscere “l’originaria evidenza della sua condizione di creatura che riceve da Dio l’essere e la vita come un dono e un compito: solo ammettendo questa sua nativa dipendenza nell’essere, l’uomo può realizzare in pienezza la sua vita e libertà di ogni altra persona” .
Osserva realisticamente il Papa:
“E’ certamente enorme la sproporzione che esiste tra i mezzi numerosi e potenti, di cui sono dotate le forze operanti a sostegno della cultura della morte e quelli di cui dispongono i promotori di una cultura della vita e dell’amore. Ma noi sappiamo di poter confidare nell’aiuto di Dio al quale nulla è impossibile” (cfr. Mt 19,26).
L’aiuto di Dio al quale nulla è impossibile, è Colei alla quale nulla è impossibile, essendo la Madre di Dio, la Madre della VITA. Era umanamente impossibile che Maria concepisse Gesù, era umanamente impossibile che la sua parente Elisabetta, “che tutti dicevano sterile” (Lc 1,36), concepisse Giovanni Battista, così è umanamente impossibile che le forze della vita prevalgano su quelle della morte; ma ciò che è umanamente impossibile, Dio lo ha reso divinamente possibile in Maria, grazie all’assenso del suo cuore immacolato: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me quello che hai detto” (Lc 1,38).
4. Chi rifiuta la vita rifiuta Cristo
È impossibile che Maria non dia vittoria alle forze della vita, poiché in questa “grande lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre” , è in gioco la sua stessa maternità, il suo stesso adorato Figlio. Infatti “il rifiuto della vita dell’uomo nelle sue diverse forme, è realmente rifiuto di Cristo” . Rifiuto di Gesù, realmente! Chi rifiuta i figli di Dio rifiuta il Figlio di Dio, e non si tratta di una equivalenza morale, ma ontologica, stabilita da Dio stesso, voluta dal Suo amore.
Infatti: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” (1 Gv 3,1). Tale avverbio sottolinea con forza non solo la nostra figliolanza divina, ma anche implicitamente il suo momento di inizio.
Aggiunge il Papa: “È questa la verità affascinante ed insieme esigente che Cristo ci svela e che la sua Chiesa ripropone instancabilmente: « Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me » (Mt 18, 5); « In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me » (Mt 25, 40)” .
Verità affascinante ed insieme esigente che la Madre di Gesù ha conosciuto e vissuto in un modo unico e incomparabile: “uno solo di questi bambini”, infatti, è stato “il Verbo fatto carne”, il bambino che Ella ha concepito nel suo grembo.
Da Maria impariamo quanto sia esigente la difesa della vita umana.
5. Morire di dolore con Maria: soffri anche tu per il Vangelo della Vita
“Il Vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Gesù” . In realtà costituisce “il nucleo centrale della sua missione redentrice”, come Gesù stesso dichiara solennemente: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Questa vita Gesù ce l’ha comunicata e continua a comunicarcela mediante l’abbondanza delle Sue sofferenze, un’abbondanza alla quale ha voluto far partecipe fino in fondo anche sua Madre.
Mentre la Vita veniva annientata sulla Croce, la Madre della Vita moriva di dolore presso la croce, poiché non poteva non soffrire come il Figlio colei che Gli diede la sua stessa carne per patire (cfr. Col 1,24).
E non si trattava solamente della naturale risonanza dolorosa del cuore di una madre per le sofferenze così atroci del frutto del suo seno, ma anche ed innanzitutto della compartecipazione di Maria al dramma della Redenzione.
“Maria, accettando con piena disponibilità la parola dell’Angelo Gabriele, che le annunciava che sarebbe diventata la Madre del Messia, iniziava la sua partecipazione al dramma della redenzione. Il Suo coinvolgimento nel sacrificio del Figlio, svelato da Simeone del corso della presentazione al Tempio, continua non solo nell’episodio dello smarrimento e del ritrovamento di Gesù dodicenne, ma anche durante tutta la sua vita pubblica. Tuttavia l’associazione della Vergine alla missione di Cristo raggiunge il culmine in Gerusalemme, al momento della Passione e morte del Redentore” . Ai piedi della croce, la Madre “soffrì profondamente col suo Unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da Lei generata” (LG 58).
Con queste parole il Concilio ci ricorda la “compassione di Maria“, nel cui cuore si ripercuote tutto ciò che Gesù patisce nell’anima e nel corpo, sottolineandone la volontà di partecipare al sacrificio redentore e di unire la propria sofferenza materna all’offerta sacerdotale del Figlio. il consenso da Lei dato all’immolazione di Gesù non costituisce una passiva accettazione, ma un autentico atto di amore, col quale Ella offre suo Figlio come “vittima” di espiazione per i peccati dell’intera umanità … lo “stare ritta” della Vergine presso la croce ne ricorda l’incrollabile fermezza e lo straordinario coraggio nell’affrontare i patimenti …
In questo supremo “sì” di Maria risplende la fiduciosa speranza nel misterioso futuro, iniziato con la morte del Figlio crocifisso. Le espressioni con le quali Gesù, nel cammino verso Gerusalemme, insegnava ai discepoli “che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare” (Mc 8,31), le risuonano in cuore nell’ora drammatica del Calvario, suscitando l’attesa e l’anelito della risurrezione,
La speranza di Maria ai piedi della croce racchiude una luce più forte dell’oscurità che regna in molti cuori: di fronte al Sacrificio redentore, nasce in Maria la speranza della Chiesa e dell’umanità” .
Tutto ciò lo possiamo riassumere nelle parole di esortazione dell’apostolo Paolo al diletto figlio Timoteo, mettendole sulla bocca di Gesù stesso Crocifisso, rivolto alla Madre: “Soffri anche ti insieme con me per il vangelo, aiutata dalla forza di Dio” (cfr. 2 Tm 1,8).
A supplicarci, non sono solo Gesù, Maria e Paolo, ma ogni bambino ucciso con l’aborto, ogni bambino gettato nel cassonetto, ogni essere umano vittima dell’uomo. Nella sofferenza, infatti, è nascosta la forza vittoriosa della Risurrezione, la forza della vita nuova, la forza invincibile di Dio: “Mediante la risurrezione, Cristo manifesta la forza vittoriosa della sofferenza, e vuole infondere la convinzione di questa forza nel cuore di coloro che ha scelto come suoi apostoli e di coloro che continuamente sceglie ed invia” .
Il ‘popolo della vita’ è chiamato ad annunciare, a promuovere, a difendere la vita soprattutto mediante la forza soprannaturale della sofferenza. Com’è vero che solo attraversando il travaglio del parto la vita umana è data alla luce, così è vero e necessario che il Vangelo della personale sofferenza preceda, accompagni e segua il Vangelo della vita. Giovanni Paolo II non lo ha solo insegnato nel suo infallibile magistero, ma lo ha dimostrato al mondo intero, sia con la sua vita sia con la sua morte.
Ecco una sua luminosa pagina dalla Salvifici Doloris:
“La fede nella partecipazione alle sofferenze di Cristo porta in sé la certezza interiore che l’uomo sofferente « completa quello che manca ai patimenti di Cristo »; che nella dimensione spirituale dell’opera della redenzione serve, come Cristo, alla salvezza dei suoi fratelli e sorelle. Non solo quindi è utile agli altri, ma per di più adempie un servizio insostituibile. Nel corpo di Cristo, che incessantemente cresce dalla Croce del Redentore, proprio la sofferenza, permeata dallo spirito del sacrificio di Cristo, è l’insostituibile mediatrice ed autrice dei beni, indispensabili per la salvezza del mondo. E’ essa, più di ogni altra cosa, a fare strada alla Grazia che trasforma le anime umane. Essa, più di ogni altra cosa, rende presenti nella storia dell’umanità le forze della redenzione. In quella lotta « cosmica » tra le forze spirituali del bene e del male, della quale parla la Lettera agli Efesini(89), le sofferenze umane, unite con la sofferenza redentrice di Cristo, costituiscono un particolare sostegno per le forze del bene, aprendo la strada alla vittoria di queste forze salvifiche.
E perciò la Chiesa vede in tutti i fratelli e sorelle di Cristo sofferenti quasi un soggetto molteplice della sua forza soprannaturale.Quanto spesso proprio ad essi ricorrono i pastori della Chiesa, e proprio presso di essi cercano aiuto ed appoggio! Il Vangelo della sofferenza viene scritto incessantemente, ed incessantemente parla con le parole di questo strano paradosso: le sorgenti della forza divina sgorgano proprio in mezzo all’umana debolezza. Coloro che partecipano alle sofferenze di Cristo conservano nelle proprie sofferenze una specialissima particella dell’infinito tesoro della redenzione del mondo, e possono condividere questo tesoro con gli altri. Quanto più l’uomo è minacciato dal peccato, quanto più pesanti sono le strutture del peccato che porta in sé il mondo d’oggi, tanto più grande è l’eloquenza che la sofferenza umana in sé possiede. E tanto più la Chiesa sente il bisogno di ricorrere al valore delle sofferenze umane per la salvezza del mondo”.
6. Una diabolica struttura di peccato: Sarete come Dio!
Una delle più pesanti strutture del peccato, la più essenzialmente diabolica, è oggi costituita dalla produzione dell’essere umano e dalla ricerca scientifica sulle cosiddette “cellule della vita”, le cellule staminali embrionali, mentre è auspicabile il continuo progresso sulle staminali da adulti e dal cordone embrionale. Un’autorevole e prestigiosa rivista internazionale ha scritto a suo modo profeticamente: “Il modo in cui l’umanità gestirà i misteri dello sviluppo embrionale, ci dirà chi siamo e cosa stiamo diventando” .
Circa la risposta al primo interrogativo, l’autore ignora (o non vuole credere) che da duemila anni la Chiesa va annunciando al mondo che “siamo figli di Dio, e lo siamo realmente!” (1 Gv 3,1); realmente, cioè a partire dal primo istante del concepimento, come rivela l’Angelo a Maria (cfr. Lc 1,26-38); realmente, cioè non semplici embrioni biologici della specie umana, ma figli di Dio.
Circa la risposta al secondo interrogativo, la Bibbia la conosce e l’insegna da ancor più di duemila anni: “Questa è la sorte di chi confida in se stesso, l’avvenire di chi si compiace nelle sue parole. Come pecore sono avviati agli inferi, sarà loro pastore la morte. Scenderanno a precipizio nel sepolcro, svanirà ogni loro parvenza, gli inferi saranno la loro dimora. L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono” (Sal 48, 14-15.21).
Quando l’uomo confida in se stesso al punto da ritenere di avere potere di vita e di morte nei confronti del suo simile, allora non solo si sostituisce a Dio, ma si separa da Dio e vive nella morte del peccato contro lo Spirito Santo.
Centinaia di migliaia di esseri umani sono stipati nei congelatori dei laboratori scientifici, e vengono soppressi dopo un periodo più o meno lungo di conservazione.
In questi piccolissimi uomini non circola ancora il sangue, ma la loro uccisione non è tollerata dal loro Padre Celeste, come già quella di Abele: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!” (Gen 4,40).
Sì, questa voce grida oggi più che mai, e non solo per l’abominevole delitto dell’aborto, ma anche per quella distruzione di massa programmata, le cui perverse radici culturali sono generate e alimentate da Satana, “omicida fin dal principio” (Gv 8,44).
Ma ci conforta e ci interpella la promessa di Dio: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” (Gen 3,15).
Il ‘popolo della vita’ fa parte di questa stirpe guidata dall’Immacolata Madre di Gesù.
7. Dare la vita per la Vita
Mentre “stava presso la croce” Maria non ha mosso un dito per salvare la vita del suo Figlio, ma ha offerto tutta se stessa per salvare la vita dei suoi assassini. Quante volte avrà silenziosamente continuato la preghiera di Gesù: “Padre, perdonali, perchè non sanno quello che fanno” (Lc 23,34)!
Simile a questa supplica è la preghiera del primo martire Stefano mentre viene lapidato: “Signore, non imputar loro questo peccato” (At 7,60).
Commenta Divo Barsotti:
“Sembra che tutto ciò risponda a un disegno preciso della Provvidenza divina: i molti si salvano per i pochi, tutti si salvano per uno solo. Gesù, l’Unico, salva la moltitudine immensa; dopo di Lui, ma con Lui, i pochi salvano i molti. È una verità che si adatta ad ogni generazione umana: i veri cristiani saranno sempre il sale della terra, la luce del mondo. Saranno sempre un piccolo gregge. Ma sarà per questo piccolo gregge, per questo pugno di sale, per questa luce sul moggio, che tutto il mondo sarà illuminato, che sarà impedita la corruzione universale e la rovina degli uomini.
Mistero che non osiamo nemmeno contemplare tanto ci fa paura, perchè dice la nostra responsabilità precisa: siamo degli eletti da Dio. Dobbiamo renderci conto che non rispondere non è soltanto mettere in pericolo l’anima nostra, ma è mettere in pericolo la salvezza di innumerevoli anime, è defraudare tutta l’umanità, tutta la creazione, di una forza divina, di un potere di salvezza, di un dono d’amore, che attraverso i prescelti deve raggiungere gli altri” .
Se la nostra strategia di difesa della vita vuole davvero imparare il modello perfetto costituito dalla Madre della Vita, se davvero vogliamo difendere la vita dai suoi uccisori dobbiamo “dare la vita” per la vita, offrendoci quali vittime di espiazione e riparazione per il peccato contro il Dio della vita.
“E’ questo il culto spirituale” necessario ed efficace al quale siamo chiamati: “Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,1-2).
Tale è stata la volontà di Dio per il Suo Figlio e per la Sua Madre, tale è la volontà di Dio per noi, Lui che è “amante della vita” (Sap 11,23).
Dice Paolo: “trasformatevi rinnovando la vostra mente per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”. In una parola: “Siate santi, perchè io, il Signore Dio vostro, sono santo” (Lv 11,44). Solo una vittima pura e santa è sacrificio gradito a Dio.
Il Dio della Vita ci chiama ad una vita santa, ci vuole santi, “santi e immacolati nell’amore” (Ef 1,3), per poter “risplendere come astri in mezzo ad una generazione perversa e degenere” (Fil 2,15), noi, che siamo “figli della luce” (Ef 5,8) e figli dell’Immacolata Vergine Maria, Stella del mattino, Aurora della Redenzione. In un testo simile a Lv 11,44, Pietro esorta:
“Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza, ma ad immagine del santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta, poichè sta scritto: Voi sarete santi perchè io sono santo” (1Pt 1,14-16). La tenebra del peccato può essere vinta solo dalla luce della Santità: “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14).
Se non fosse stata la più pura e santa di tutte le creature, Maria non sarebbe divenuta la Madre del Redentore, associata, da Nazaret al Calvario, alla Sua opera di salvezza. Osserva ancora Barsotti:
“Al limite estremo, quando fossimo santi come Gesù, anche noi dovremmo caricarci di tutto il peccato umano, come Lui. Possiamo riparare poco, e ripariamo poco effettivamente, proprio perchè non siamo nel Cristo, perchè estremamente imperfetta è la nostra unione con Lui. Quanto più saremo nel Cristo tanto più potremo dunque rappresentare l’umanità peccatrice, essere solidali con questa umanità per salvarla innanzi al Volto di Dio. Così, quando abbiamo espiato i nostri peccati, si inizia per noi il vero martirio. Santi della Santità di Gesù diveniamo vittime immolate che si offrono al Padre per ottenere misericordia. Quando per questa via saremo santi della santità di Gesù, in questa santità si realizzerà l’unità nostra con Cristo e con tutti i fratelli, perchè non ci separeremo più da loro, ma vorremo che la loro condanna sia la nostra, parteciperemo al loro castigo, sopporteremo il peso dell’universale peccato. Nessuna dottrina teologica rivela più di questa la nostra unità con gli uomini, manifesta maggiormente l’infinita carità di Dio e dice meglio la dignità del cristiano, chiamato a collaborare con Dio per sollevare il mondo e farlo partecipe della santità e della gloria di Dio”.
Conclusione
Il popolo della vita è un popolo sacerdotale e, come il suo “capo che guida alla salvezza” (Eb 2,10) della vita, è chiamato ad essere, in ogni suo membro, altare, vittima e sacerdote.
Solo una personale scelta di vita realmente eucaristica costituisce il presupposto valido per una difesa adeguata ed efficace, cioè divina, della vita umana.
La Madre della Vita, che “Donna eucaristica” , ci conduce a questa somiglianza salvifica con il suo Figlio adorato, Lui che è stato crocifisso ed è risorto “perchè abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Note
- Paolo VI, Angelus, 5 marzo 1978.
- GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Evangelium Vitae, 3.
- EV 22.
- EV 34.
- EV 44.
- EV 44.
- EV 83.
- EV 83.
- G. Battista Montini, Discorso del 15-08-1960 sulla Madonna, Discorsi e scritti 1955-1963.
- SAN GIOVANNI DELLA CROCE, Cantico spirituale, B,5.
- SAN LUIGI M. GRIGNON DA MONFORT, Trattato della Vera Devozione, 49.
- EV 96.
- EV 100.
- EV 104.
- EV 104.
- EV 104.
- EV 1.
- GIOVANNI PAOLO II, Catechesi, 2 aprile 1997.
- Ibid.
- GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Salvifici doloris, 25.
- Ibid. 27.
- National Geographic, luglio 2005, pag. 7.
- DIVO BARSOTTI, La mistica della riparazione, pag. 16.
- Ibid.
- GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia de Eucharistia, 53.
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