Nessuno si cura della dignità del nascituro – di Venerio Cattani
Avere figli non è un diritto costituzionalmente garantito. Personalmente, rimango irriducibilmente contrario non soltanto all’inseminazione eterologa, ma all’inseminazione artificiale, sic et simpliciter. Considero la fecondazione artificiale una porcheria, utile (ma non giusta e non morale) per moltiplicare i bovini e i suini, i pesci e i pennuti, il cui destino è d’essere divorati da una popolazione umana sempre più numerosa e affamata; ma un rimedio ingiustificabile e dannoso per gli esseri umani.
Mi fa specie che tra i sostenitori della fecondazione artificiale, assistita o no, refrigerata o a temperatura ambiente, ci siano (e non solo in Parlamento ma, nella popolazione) alcuni che si vantano del titolo di cristiani; o comunque di credenti e religiosi. Eppure questo desiderio isterico di aver figli ad ogni costo, con pratiche contronatura, con qualsiasi tipo di coppia, e ovviamente anche da single (a che serve un marito?) è un’offesa alla Divina Provvidenza, alla misteriosa determinazione divina. Per chi crede, dovrebbe essere evidente che c’è una ragione provvidenziale nel fatto che ad alcuni sia concesso e ad altri proibito, di concepire e partorire figli. Non è una punizione divina; è un diverso disegno, per cui i non procreatori saranno destinati ad avere altri compensi e altri destini, in questa o nell’altra vita. Ma le ragioni “laiche” e politiche non sono meno evidenti delle ragioni religiose.
Non si vede perché il giusto e normale desiderio di costruire una famiglia, non possa essere soddisfatto con l’adozione; perché l’adozione non debba essere considerata un’azione parimenti meritevole e sacrale del parto; perché debba essere desiderabile solo la parentela di sangue e non quella (a mio avviso più meritoria) di scelta e di elezione.
E visto che siamo nell’anno del Giubileo sia dei cristiani che dei gay, trovo realistico che di questo passo si consideri legittima anche l’inseminazione della lesbica, che vuol dare un figlio alla compagna. Non importa di chi sia il seme: importa solo chi scodella il parto così ottenuto. Della dignità del nascituro non importa niente a nessuno; che abbia una padre e una madre, o due madri, o due padri, una madre-nonna o una madre bambina, non importa a nessuno; ci pensi lui, si arrangi a spiegarlo ai compagni di scuola, alla futura moglie, a se stesso. Il parto è inteso solo come atto di amore, come patto d’intesa della scodellante verso il partner o la partner. Ugualmente è ripugnante vedere delle donne anziane, che dovrebbero prepararsi alla morte, fremere dal desiderio di partorire, e magari con il seme del marito premorto. Quale futura umanità scaturisca da sentimenti, isterismi, deformità sessuali e operazioni di questo genere, Dio solo lo sa.
Che tempi (e che moralità diversa) quelli in cui Leopardi faceva omaggio alla sorella Paolina, nel dì delle nozze, della nota poesia con cui la consigliava a star attenta a far figli:
“L’infelice famiglia – a l’infelice Italia accrescerai”.
Chissà cosa avrebbe scritto della fecondazione eterologa: altro che “infelice famiglia” e “infelice Italia”! Fortunatamente per lui, era pessimista ma non al punto da immaginarsi una umanità come questa.
È incredibile che la sinistra abbia fatto della fecondazione artificiale eterologa un’altra delle trincee di principio, un altro caposaldo ideologico, baluardo della modernità e del progresso. L’augurio è che la legge sia fatta a minuti brandelli e che non se ne riparli più.
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