Organizzazione di un laboratorio FIVET con un primario obiettore
LUIGI FRIGERIO – PRIMARIO GINECOLOGO OSPEDALE CIVILE DI BERGAMO
Mi è stato richiesto di portare l’esperienza dell’unità operativa di ostetricia – ginecologia di Bergamo che io dirigo dal primo marzo del 2000. La mia è l’esperienza di un primario obiettore di coscienza che si trova a gestire l’organizzazione di un laboratorio Fivet, cioè di un centro di procreazione medico-assistita.
In realtà il gruppo di sterilità degli Ospedali Riuniti di Bergamo, che pratica l’inseminazione e la Fivet, aveva deciso, prima del mio arrivo a Bergamo, già nel 1998, insieme al comitato etico dell’ospedale, di accettare per questo tipo di metodiche solo coppie eterosessuali nei programmi di questo Centro. Subito di seguito era stato posto il problema dell’età massima per l’accesso a queste tecniche. Anche se il codice deontologico dell’Ordine dei medici suggerisce di fissare l’età massima per queste procedure a 51 anni, il gruppo di Bergamo aveva ritenuto opportuno abbassarla a 45 anni. Su tale scelta aveva influito la considerazione che dopo i 35 anni la percentuale di fertilità della donna scende progressivamente e naturalmente. Un’altra decisione presa prima del mio arrivo a Bergamo, riguardava l’esclusione della possibilità di ricorrere a gameti di donatori esterni alla coppia, alla cosiddetta Fivet eterologa. Rimaneva però aperta la possibilità di avere gravidanze multiple che, quando superano il numero di tre o quattro, sono gravate da un alto rischio di complicanze, sia materne, che fetali. D’altro canto, aumentando il numero di embrioni trasferiti, aumenta la percentuale di successo, riducendo la necessità di ricorrere a ripetuti cicli successivi di stimolazione. Per ovviare a questi problemi, alcuni Centri hanno optato per il congelamento degli embrioni, superando quindi il rischio di gravidanze plurigemellari ed evitando successivi cicli di iperstimolazioni ovariche.
Naturalmente questa tecnica pone il problema del destino degli embrioni congelati e non utilizzati. Qualcuno ha proposto di utilizzare questi embrioni per una pianificazione familiare successiva: è possibile di fatto distruggere questi embrioni, diciamo inutili; è possibile immaginare una donazione ad altre coppie e recentemente anche in Italia è stata fatta la proposta di una sperimentazione – diciamo così – per la scienza o per il progresso. In assenza di una legislazione in questa materia (che tutt’oggi non esiste) il Gruppo di Bergamo aveva deciso di attenersi alle posizioni più restrittive emerse all’interno del Comitato Etico. Si era cioè deciso di non inseminare più di 4 ovociti e di trasferire tutti gli embrioni ottenuti.
Bisogna però a questo punto fare alcune considerazioni.
Innanzi tutto le caratteristiche essenziali del ciclo vitale dell’uomo possono essere così riassunte: la fertilizzazione dà avvio al ciclo vitale, iniziando un periodo di sviluppo che si chiama embriogenesi. In questo periodo i tessuti e gli organi si formano progressivamente dall’organismo primordiale di una cellula, lo zigote, mediante un processo di proliferazione e di differenziazione cellulare.
Oggi si discute sulla distinzione tra individualità genetica e individualità di sviluppo e in questo modo si è sollevata la problematica circa le prime due settimane di vita dell’embrione.
Ford e Gropstein sostengono che il cosiddetto pre-embrione non è un individuo umano, mettendo così in discussione l’indivisibilità di un organismo multicellulare, com’è l’organismo umano. L’indivisibilità di un organismo multicellulare è sempre relativa e dunque non è in grado di fondare la sua individualità. Solo la singola cellula è una unità biologica, cioè un’entità che non può essere divisa nelle sue parti senza perdere i caratteri distintivi della materia vivente. Così durante la sua vita un organismo cambia continuamente i suoi elementi costitutivi materiali, rimanendo tuttavia sempre lo stesso. L’identità biologica non si fonda così sull’identità fisica. Infatti, solo il genotipo rappresenta l’elemento permanente di un organismo. La sola forma dinamica di cui noi possiamo fare esperienza è il genotipo: cioè l’espressione materiale del messaggio inscritto nel codice genetico cellulare. Quindi l’informazione genetica garantisce il piano di sviluppo e l’identità di un organismo.
Nel 1978, in Inghilterra, nasce Louise Brown, una bambina che stabilisce una novità assoluta nel campo della riproduzione umana.
Per la prima volta Edward e Stepton eseguono una fecondazione in vitro con embryo-transfert coronata da successo. Ciò fu possibile perché si comprende che in vitro, come in vivo, i gameti utilizzati devono aver raggiunto un giusto grado di maturazione (gli ovociti) o di capacitazione (gli spermatozoi), perché possa avvenire la fecondazione. Si è potuto così standardizzare questa metodica da quel momento. Si intuì rapidamente che inducendo una super-ovulazione si aumentavano le possibilità di successo. Da quel momento il settore della fecondazione assistita ebbe uno sviluppo esplosivo e numerose équipe nel mondo si lanciarono ad applicare queste nuove tecniche, consentendo a tutt’oggi la nascita nel mondo di più di centomila bambini.
Inizialmente la FIVET fu realizzata perché si potesse bypassare l’ostruzione bilaterale delle tube; in seguito vennero aggiunte altre indicazioni: la FIVET nelle coppie sterili per altri problemi o fattori pelvici, come l’endometriosi o le importanti sindromi aderenziali, o l’esistenza di disturbi immunologici o problemi della spermiogenesi, così che anche soggetti con un liquido seminale estremamente povero, quindi soggetti affetti da oligo-asteno-spermia di grado severo, potessero in qualche modo afferire a questi centri dove la FIVET viene praticata.
Il congelamento degli spermatozoi è tecnicamente eseguibile con una certa facilità, mentre invece l’ovocita difficilmente sopravvive alle tecniche di freezing e di scongelamento successivo. Mentre fecondando la cellula-uovo con lo spermatozoo è possibile ottenere embrioni capaci di sopravvivere alle tecniche di crioconservazione.
All’inizio degli anni 90, è stato proposto il congelamento degli embrioni con indicazioni assai disparate. Autorevoli riviste scientifiche hanno fatto delle proposte in questo senso: per esempio la possibilità di crioconservare embrioni nelle pazienti che si debbono sottoporre a terapie oncologiche con il rischio di perdere la fertilità.
Ancora è stata proposta questa tecnica della crioconservazione embrionale nelle donne che desiderano procrastinare il concepimento dopo aver raggiunto una sicurezza economica e professionale, evitando i rischi genetici di una maternità in età tardiva.
Ancora prima della sterilizzazione tubarica, quando poi la donna cambiasse idea o in caso di rischio genetico eseguendo un controllo qualitativo sul concepito. Tecnicamente oggi è possibile eseguire un controllo qualitativo della morula, prima del suo trasferimento dalla provetta all’utero. In tal modo sembra possibile aumentare in termini percentuali il numero dei successi gestazionali della FIVET, passando dall’attuale 20% al 50% che viene dichiarato oggi da alcuni centri americani.
Un’altra modalità selettiva degli embrioni si realizza mediante l’adozione dell’embriobiopsy, mediante la biopsia della morula. Si tratta di una vera e propria biopsia eseguita nell’embrione nei suoi primissimi stadi di vita. Il congelamento del concepito consente tutto il tempo necessario per eseguire uno studio genetico dettagliato, posticipando lo scongelamento e il trasferimento dell’embrione in un tempo, in cui la diagnosi genetica è ormai nota. Qualcuno ha proposto la costituzione di vere e proprie banche di embrioni, congelati e preventivamente biopsiati, al fine di ridurre qualsiasi rischio genetico nella specie umana. Si arriverebbe così a realizzare lo stoccaggio di embrioni umani a denominazione d’origine controllata, ipotizzando che le gravidanze a rischio siano solo quelle derivanti da un normale concepimento.
Concludendo: se è vero che l’oggettivamente scientifica è solo una forma di interpretazione della realtà naturale, si va delineando una vera e propria pretesa scientifica di giudicare l’inizio del ciclo vitale. Per giudicare lo sviluppo delle scienze e delle tecnologie biomediche, occorre superare un criterio semplicemente funzionale o utilitaristico. E’ necessario cioè disporre come termine di riferimento di una coerente immagine dell’uomo. Un approccio minimalistico alla fecondazione in vitro con embryo-transfert, come quello che è stato utilizzato lì da noi, all’Ospedale di Bergamo, non è in grado di reggere a lungo il confronto con le esigenze cliniche di successo e, qui bisogna dirlo, con quelli che sono i fabbisogni delle esigenze di mercato.
Non si può comprendere lo scopo, senza considerare l’origine di un fenomeno. Solo il riconoscimento di una serie di evidenze originarie, che riguardano il messaggio inscritto all’inizio della vita, ci fa percepire la vertigine, l’immensa responsabilità dinnanzi alle moderne tecniche di fecondazione medico-assistita.
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