Testimonianza

Livio e Liliana Lucà Trombetta  – Fondatori del Progetto FANHA

 Io comincio col ringraziare intanto Giuseppe Garrone che ci ha dato la possibilità di presentare oggi questo progetto e un po’ anche la nostra testimonianza. Parlerò quasi sempre io perché ho faticato a portare qui mia moglie a raccontarvi la nostra storia. Magari lei alla fine leggerà qualcosa che ha scritto circa una nostra particolare esperienza di vita.

F.A.N.HA. significa famiglie accoglienti nascituri handicappati. Abbiamo pensato di costruire una rete di famiglie, almeno tre, di cui una disponibile ad adottare un bambino che, altrimenti, sarebbe stato abortito attraverso l’aborto eugenetico. Perché almeno tre? Perché noi conosciamo i grossi problemi che una famiglia si trova ad affrontare quando nasce un bambino portatore di handicap; noi invece volevamo che questo bambino accolto fosse inserito in una famiglia normale, non in una famiglia eroica, ma una famiglia come tante, con altri figli… cioè che non si dedicasse in maniera totalizzante ai bisogni del bambino con handicap, affinché lui potesse crescere in una dimensione di vita normale, coi fratelli. Per fare questo la famiglia aveva fin dall’inizio un supporto, un sostegno anche solo psicologico; sapeva che accanto aveva altre due famiglie con le quali condivideva questo progetto d’amore. Quindi se per esempio durante un fine settimana la famiglia adottiva voleva andare in montagna a sciare, sapeva di poter contare su altre due famiglie, che si ponevano in una posizione non sussidiaria, ma solo differente.         

Vivere questa proposta non è stato molto difficile. Io ringrazio perché mi è stata data quest’occasione di comunicare ad altri questa nostra esperienza, non per sottolineare le difficoltà, gli attacchi alla famiglia, ma per una volta far giocare la famiglia all’attacco, e non sempre solo in difesa.

E’ una proposta concreta a voi di mettersi in gioco, di dare questo contributo alla società, perché solamente la famiglia può accogliere un bambino. In passato erano le istituzioni, soprattutto religiose, ad accogliere i bambini abbandonati, però penso che solo una famiglia semplice può accogliere un bambino, e dare quel calore, quel sorriso, di cui ha bisogno. Allora in quest’ottica, questo gruppo di famiglie collegate tra loro, può diventare per voi uno spunto. Noi l’abbiamo chiamato progetto F.A.N.HA., ma non ha nessuna importanza, voi potrete dargli un altro nome, non ha nessuna importanza chi ci ha pensato per primo… vorrei trasmettervi il concetto che le famiglie possono dare questo prezioso contributo alla società.

Quest’idea è venuta a noi, perché lavoriamo nel Movimento per la Vita da vent’anni e quindi pensiamo che l’aborto eugenetico sarà l’aborto del futuro (o forse lo è già?); noi pensiamo che fra dieci o vent’anni non ci sarà più l’aborto economico, perché le società stanno invecchiando e quindi ci saranno interventi politici a sostegno della maternità, non perché la società creda nel valore della vita umana, ma per un interesse egoistico, prettamente economico, credo ci sarà una diminuzione del numero degli aborti. I bambini, però, che durante la gravidanza si scoprono malformati, questi sono destinati alla morte sicura e quel che è peggio, sono destinati alla morte sicura perché si ritiene che questo sia bene, che l’aborto eugenetico sia un fatto positivo. Allora dare un segnale, accendere questa luce nella società, dire: ci sono delle famiglie disponibili ad accogliere un bimbo con handicap nella propria casa, non come quando si fa un servizio esterno di volontariato, ma l’accolgono come figlio, con amore. Allora è chiaro che anche questo bambino malato ha valore, è un bambino come tutti gli altri, questa vita misteriosa, questa sofferenza che noi tante volte non capiamo ha un senso. Questo è un primo passo affinché nella  società sia reintrodotto il rispetto per questo bambino, diciamo minimo, sofferente. Dobbiamo avere il coraggio di proporre alle famiglie questa opportunità, perché tante volte le persone non fanno le cose perché nessuno gliele ha proposte.

Noi come famiglia possiamo testimoniare che questa è una bella esperienza, come dice mia moglie: della “tristezza-felicità”. Per esempio il bambino da noi adottato, dopo nove mesi è morto, rimane però questa grande tenerezza, questo ricordo, questo sentirlo ancora, perché, nonostante questo bimbo non piangesse, non comunicasse, era per noi un anticipo di paradiso, quest’esserino era per noi una finestra sul mistero. Quando io tornavo a casa dallo studio, la sera, lui era lì nella sua culla speciale, era un bimbo che doveva nascere anencefalo, poi non lo era completamente, ha subito un intervento dopo due giorni dalla nascita… il solo vederlo ti dava la sensazione che là c’era qualcosa di soprannaturale, proveniente dal Creatore, noi non capiamo il perché, ma Lui l’aveva voluto e ci aveva chiesto di accoglierlo.

Quest’accoglienza non nasce tutta in una volta, noi ci siamo sposati nel 1977  e già tornando dal viaggio di nozze aspettavamo un bimbo, pur non sapendolo; dopo due mesi Liliana ha avuto un aborto spontaneo. I medici ci avevano consigliato di aspettare, di fare una cura.. nel ’79 nacque Lucia, nell’84 abbiamo avuto un’altra gravidanza, dopo quattro, cinque mesi di attesa il bambino è morto. Avevamo fatto delle indagini per sapere come mai non riuscivamo ad avere bambini, come mai i bimbi morivano in grembo… i medici ritenevano non ci fosse nulla di anormale. Con questa esperienza, ci siamo detti: rendiamoci disponibili, abbiamo una bambina, ne vorremmo altri, se ci sono dei bambini che necessitano di una famiglia, noi siamo disponibili ad accoglierne uno.

E’ arrivata una piccina africana, non in adozione, ma per un periodo di tre anni dall’età di tre mesi è stata ospite a casa nostra, perché nel suo paese di origine c’era la guerra. Quindi ci hanno proposto di adottare una bimba di cinque anni, Azeb, sempre africana, che è diventata nostra figlia. Al C.A.V (Centro di Aiuto alla Vita) c’era invece una bimba filippina di sette mesi,  per la quale si cercava una famiglia affidataria. Adesso ha dieci anni, nel frattempo l’abbiamo adottata, vista l’impossibilità per lei di tornare nella famiglia di origine. In noi c’era già questo tipo di disponibilità, noi lavoriamo entrambi: io sono ingegnere ed ho uno studio di progettazione, mia moglie è ricercatrice universitaria, e non è che non abbiamo nulla da fare, e non è che siamo speciali, litighiamo come gli altri, siamo una famiglia come le altre, ma credo che questo faccia bene ai bambini, perché non vivono in una struttura ideale, di santi, ma tra persone normali.

Io lo propongo alle coppie di fidanzati, che siano aperti a questa possibilità, è un servizio che può fare solamente la famiglia, non lo può fare il singolo. Soprattutto chi si sposa in chiesa deve sapere che il suo matrimonio ha una funzione nella società, a questo progetto di Dio su di noi,  dobbiamo essere docili. Quest’esperienza mi fa percepire come  la famiglia intera debba essere disponibile alla novità. Il progetto F.A.N.HA., nonostante esista da molti anni, stenta a decollare, spero che anche questo momento di condivisione dia un contributo in questa direzione. A livello di C.A.V., il progetto ha la stessa funzione di una casa di accoglienza; quando ci troviamo davanti a una coppia in attesa a cui sia stata diagnosticata una malformazione prenatale, noi non diciamo solamente: “non abortire perché questo è male”. Non ci accontentiamo di dare un giudizio di valore su quell’atteggiamento, che quella famiglia può avere, ma diciamo: “io in prima persona sono disponibile a darti un aiuto concreto.”  Oppure:  “tu vuoi abortire perché hai problemi economici, c’è il progetto Gemma, ci sono delle persone che mettono le mani in tasca e ti danno aiuto. Hai un problema psicologico, di relazione, ti senti abbandonata a te stessa, c’è “S.O.S. Vita” che ti ascolta 24 ore su 24 (8008/13000)”. E’ una specie di trilogia che legge i bisogni, le difficoltà e non dice solamente: “no”. Dice: “no” e porge un aiuto concreto, qualcuno vicino a te che si carica personalmente dei tuoi problemi.

Questo è un segnale del fatto che noi non siamo lì a difendere in maniera solo teorica il diritto a non essere uccisi, ma abbiamo l’obiettivo di accendere una speranza concreta.

Come avevamo concordato, passo la parola a Liliana, collegando la nostra esperienza di adozione al tema generale. Qualche volta, in qualche intervista mi hanno chiesto: “cosa c’entra il M.P.V., il C.A.V., con l’adozione, con l’affido…?” Credo siano complementari. In questo periodo di grande dibattito sulla F.I.V.E.T…. io ricordo ciò che sosteneva Madre Teresa di Calcutta circa l’adozione, lei privilegiava le famiglie senza bambini, io questo non lo capivo, dicevo: “noi dobbiamo espandere questo concetto, questa cultura, anche e particolarmente alle famiglie già con figli.”

Oggi devo dire che aveva ragione, perché oggi agevolare l’adozione dei bambini da parte di coppie senza figli, diventa un deterrente alla F.I.V.E.T. Oggi creare un’agenzia che possa agevolare da un punto di vista anche economico, come risposta politica, l’adozione, intesa come desiderio legittimo di un bambino, diventa un ulteriore impegno del M.P.V., poiché evita che vengano uccisi i bambini con la F.I.V.E.T.. In pratica facilitando le adozioni, attiviamo il C.A.V., la F.I.V.E.T., oltre ad uccidere bambini, ucciderà anche la cultura dell’adozione, se io posso tentare di avere un bambino mio, anche biologicamente figlio mio, non penserò ad adottarne uno, che magari avrebbe bisogno di una famiglia.             Scusate per il disordine, non preparo mai delle relazioni scritte, perché mi voglio mettere in gioco, voglio che Qualcuno mi guidi in questi incontri. Quando morì il nostro piccino, Liliana dopo un’ora, scrisse di getto una lettera di  ringraziamento ad Angelo.

 

LILIANA.  “In un felice momento di distrazione di Dio Padre, sei scappato dal cielo e sei arrivato come un raggio di sole e di luce nella nostra casa,  hai riempito la nostra vita e ci hai folgorato anche se non ti meritavamo. Ma ora il tuo tempo è scaduto, la tua missione è compiuta, Lui ti ha rivoluto con Sé e tu così hai ripreso il tuo posto tra gli angeli in cielo, perché tu non sei stato creato per questo mondo, anche se questo mistero ora non lo comprendiamo del tutto. Ed allora per tutto questo noi ti gridiamo con tutte le nostre forze e il nostro cuore: grazie!

Caro angioletto: grazie ai tuoi genitori di averti messo al mondo, grazie che sei nato, anzi che sei esistito; per te non potevano scegliere un nome più adatto, grazie di essere arrivato nella nostra famiglia, grazie perché ti abbiamo dunque conosciuto, grazie per la tua amabile e delicata presenza, grazie perché ci hai permesso di amarti, grazie perché ci hai permesso di curarti.

La prima volta che ti abbiamo preso in ospedale, qualcuno ha detto teneramente di te: “è stato un bambino che non ha dato nessun fastidio”. In quel momento non abbiamo capito, poi sì. Infatti sei stato il dono più grande e più bello della nostra vita, la gioia più grande della nostra vita.

Grazie per l’amore e per la gioia che ci hai donato, grazie perché hai rafforzato l’unione nella nostra famiglia, grazie perché hai dato un senso, anzi IL senso alla nostra vita.

Grazie per il tuo dolcissimo sorriso, che ci faceva superare qualsiasi difficoltà, grazie per i tuoi baci appassionati, grazie per la dolcezza del tuo sguardo, per la luminosità dei tuoi occhioni, per le meravigliose ciglia; grazie per la nuova luce che hai dato ai nostri occhi, grazie perché ti sei lasciato accarezzare tanto, grazie per la felicità che ci hai dato prendendoti in braccio e abbracciandoti, grazie per il suono della tua voce e per i tuoi gorgheggi che ci facevano esultare di gioia.

Grazie per il tuo profumo particolare, grazie perché ti sei lasciato imboccare come un uccellino e grazie soprattutto per la tua piccola, meravigliosa, particolare, indimenticabile testolina, che, abbandonata, appoggiavi sulla nostra spalla per addormentarti.

Grazie perché attraverso te tante fiammelle di amore si sono accese e intorno a te è scoppiata una rete di amore e un clima festoso, anche tra coloro che non ti conoscevano.      

Grazie perché hai fatto sgorgare nel nostro cuore tutta la tenerezza infinita di cui eravamo capaci.

Grazie per il grande conforto che ci hai dato nei momenti difficili: bastava guardarti.

Grazie per le infinite lacrime di gioia che abbiamo versato e che continuiamo a versare, perché ti abbiamo conosciuto.

Grazie per la meravigliosa, unica, irripetibile, arricchente esperienza che ci hai fatto vivere.

Grazie per le tante persone meravigliose che attraverso te abbiamo conosciuto.

Grazie per tutti coloro che hanno creduto in te come persona e ti hanno amato; grazie per tutti coloro che hanno creduto in noi, in questo grande amore per te e sono stati dunque partecipi in questa splendida storia d’amore. Grazie per tutte le volte che hai afferrato le nostre dita con le tue piccole e tenere, ma forti manine.

Grazie perché non hai fatto arrendere fino all’ultimo né noi, né quelli che ti hanno curato.

Grazie per l’umiltà che hai emanato, tu ci hai fatto vivere la gratuità dell’amore.

Grazie per la tua mitezza, che ci hai fatto vivere in concreto, ci hai  insegnato a soffrire in silenzio, non hai mai pianto, non ti sei mai ribellato a nulla, a tutto ciò che tutti ti abbiamo dovuto fare, hai accettato tutto con un sorriso pieno di gratitudine.

Tu ci hai dato la meravigliosa possibilità di vivere veramente la frase evangelica:

“qualunque cosa avrete fatto al più piccolo l’avrete fatta a me”;

e non c’è mai stato esserino più indifeso di te, sei stato un bambino speciale fino all’ultimo, e grazie per il Natale più bello della nostra vita.

Grazie per tutta questa nostra sofferenza umana, la sofferenza di non poterti più cullare, il tuo visino con le tue indimenticabili espressioni, il tuo corpicino, ci mancheranno tanto. Ma questa sofferenza non è inutile.

Grazie perché è stato prezioso il tempo dedicato a te, perché ci hai fatto gustare ogni attimo passato con te; grazie perché col tuo silenzio ci hai sempre fatto capire ciò di cui avevi bisogno, costituendo una bellissima relazione d’amore.

Grazie perché attraverso di te abbiamo incontrato la Verità, e perché ci hai fatto incontrare in te Gesù crocifisso, grazie perché sappiamo che non ci abbandonerai mai, sarai sempre il nostro piccolo, particolare angelo custode, sei stato la primavera della nostra vita, per tutti sei stato un miracolo. Molti hanno pensato che in questa storia siamo stati dei pazzi: si è vero, pazzi perché tu ci hai fatto impazzire d’amore per te e ora questo tu lo sai.

Grazie perché attraverso te abbiamo intravisto il Paradiso, e un grazie grande a Te Signore perché ci hai donato Angelo, perché hai scelto noi per accompagnare Angelo dalla Tua Mamma.       

Grazie per tutto questo investimento d’amore che ci hai fatto fare nelle nostre vite e che oggi ci ritroviamo.

Grazie, Signore, perché oggi è un giorno di festa, perché alla fine della nostra vita ci sarà anche Angioletto ad aspettarci, a darci la mano per accompagnarci da Te”.