Sterilità genetica: quali speranze?

Angelo Serra  – Genetista, prof. emerito di genetica umana Università Cattolica di Roma

Secondo le più recenti indagini epidemiologiche[1], nonostante le serie difficoltà di una precisa rilevazione statistica, la stima più corretta della frequenza di coppie sterili nel mondo occidentale si aggira intorno al 15 – 20% delle coppie. Determinarne le cause è l’esigenza fondamentale in vista di una terapia. Ma la via a questa meta appare ancora lunga.  Un apporto considerevole al suo raggiungimento sta provenendo dalla genetica, in seguito, soprattutto, alle grandi conquiste fatte nell’attuazione del Progetto Genoma Umano[2]. Ed era da attendere. In realtà, un semplice ricordo dello sviluppo dell’apparato genitale sia maschile e sia femminile, di cui le gonadi sono le strutture essenziali in vista della riproduzione, suggerisce che la loro strutturazione e il loro funzionamento sono sotto il rigoroso controllo di un notevolissimo numero di «geni», i quali operano secondo una ben precisa legge inscritta nel piano-programma disegnato e cifrato nel genoma – o informazione genetica – presente nello zigote e trasmesso in ogni cellula del nostro organismo. Si cercherà di dare qui una informazione sulle conoscenze finora raggiunte in questo campo «genetica e sterilità», e sulle speranze aperte o intraviste per una terapia.

Una premessa

La «informazione genetica», contenuta in un prezioso scrigno – il nucleo – nell’interno di ogni cellula, ha un compito fondamentale nello sviluppo morfologico e nei processi biologici di ogni organismo vivente. Da quella dipende il regolare modellamento di ogni parte del nostro organismo e il regolare svolgersi di tutte le sue funzioni. E’ una informazione scritta in un linguaggio molecolare, le cui molecole essenziali sono soltanto quattro – indicate con la lettera iniziale del loro nome chimico: A,T,C,G (Adenina, Timidina, Citosina, Guanina) – ma disposte in modo ordinato tale da esprimere una precisa informazione. Informazione che operando all’interno di ogni singola cellula, dietro richiesta da parte di segnali che le giungono sia dall’interno della stessa che da altre cellule anche lontane e dall’ambiente in cui vive,  provvede a  fare  si che nell’intero organismo tutto proceda nel modo richiesto dall’equilibrio e armonia della sua totalità. Informazione che inizia dal concepimento e diventa sempre più complessa con il passare dei mesi e degli anni.

Essa è raccolta in lunghi esili filamenti che, in stadi particolari della vita della cellula , assumono la forma di corpiccioli, detti «cromosomi», la cui forma e numero sono caratterisitici per ogni specie – 46 nella specie umana. In ciascuno di questi sono localizzati i «geni», cioè porzioni di quei filamenti nei quali è scritta una ben specifica informazione, che rappresenta lo stampo di una particolare molecola che, nella massima parte dei casi, è una «proteina». A questo momento dell’intenso lavoro del Progetto Genoma Umano, si ritiene che i geni siano 30- 35.000 dei quali, per circa una metà, si conosce già la localizzazione sull’uno o l’altro cromosoma, e la particolare funzione che essi svolgono[3].

Purtroppo, questa informazione genetica può subire delle alterazioni, a causa di errori  che sopravvengono sia nei cromosomi sia nei geni; alterazioni che portano, come            conseguenza, alla comparsa di anomalie – spesso assai gravi – dello sviluppo  e a serie patologie, tra le quali la sterilità o infertilità. Rispetto a quest’ultima, saranno  presentate qui molto brevemente le conoscenze attuali, che permetteranno non soltanto di vedere l’ampia parte giocata dai fattori genetici nell’origine di questa multiforme patologia, ma anche di intravedere le speranze aperte dai nuovi progressi della genetica per una possibile terapia.

 

Sterilità maschile da aberrazioni cromosomiche

Sono tre i gruppi principali di soggetti infertili o subfertili per causa di alterazioni cromosomiche microscopicamente rilevabili.

Il primo gruppo comprende soggetti con cariotipo 47, XXY, nei quali la presenza di due cromosomi X – invece di uno soltanto, come è la regola nei maschi – porta a una grave alterazione della struttura dei testicoli, caratterizzata da microrchidismo associato a ialinizzazione, sclerosi e atrofia dei tubuli seminiferi, dove si possono trovare talvolta rarissimi spermatozoi. E’ questa aberrazione, caratteristica della sindrome di Klinefelter, la causa del 14% circa degli azoospermici.

Il secondo gruppo comprende soggetti portatori di altre aberrazioni cromosomiche, nelle quali sono interessati i cromosomi X e Y, in particolare: soggetti con cariotipo 47,XXY/46,XY i quali  hanno due linee cellulari, una  con cariotipo 47,XXY e l’altra con cariotipo 46,XY; e soggetti con cariotipo 47,XYY, nei quali sono presenti due cromosomi Y. Sono aberrazioni che si trovano nel 2,1% dei casi di oligospermia, aspermia o azoospermia; frequenza che sale al 7,1% se si comprendono anche pazienti con numero di spermatozoi inferiore a 20×106.

Il terzo gruppo comprende soggetti portatori di traslocazioni reciproche bilanciate, nei quali cioè due cromosomi si sono scambiate reciprocamente due porzioni, provocando nel punto di scambio l’alterazione di qualche gene il quale, perciò, non può più esercitare la sua funzione. Studi recenti su 265 casi di soggetti sterili portatori di traslocazioni bilanciate hanno dimostrato che in 29 casi (11%), nei punti di traslocazione, erano stati coinvolti 4 di 15 geni della serie TET (Testis-Expressed-Transcript)   che  si    esprimono: due  di  essi  (TET1  e  TET2 )  soltanto  nel  testicolo; uno (TET11) principalmente nel testicolo; e uno (TET7) in vari tessuti. Ovviamente la rottura, che aveva portato all’interscambio tra i due cromosomi interessati nella traslocazione, aveva anche eliminato la funzione svolta da quei geni nel testicolo, con la conseguente alterazione di qualche attività indispensabile alla produzione regolare degli spermatozoi.

 Sterilità maschile da mutazione genica

L’isolamento e la caratterizzazione di parecchi geni chiave nella determinazione delle strutture e funzioni delle gonadi ha incominciato a indicarne la complessità e, conseguentemente, a far sospettare con fondatezza che non pochi errori potrebbero essere  causati da eventuali mutazioni nell’uno o nell’altro di essi, capaci di manifestarsi in patologie – quali azoospermia, oligospermia e astenospermia –  accompagnate da infertilità o subfertilità.

Uno tra i più importanti fattori di azoospermia, trovato in 12 su 80 azoospermici (12.5%)[4] e accuratamente analizzato, è il gene DAZ (Delited in AZoospermia)  presente  in una ben definita zona del cromosoma Y, denominata AZFc (AZoospermia Factor). Questo primo notevole passo, favorito dagli sviluppi del Progetto Genoma Umano, conduceva i ricercatori ad affermare che “di fatto esiste un gene AZF nel cromosoma Y umano, e che la sua grave delezione de novo è tra le cause più comuni di gravi difetti spermatogenici”[5].

Dal 1995, sono stati trovati altri geni implicati nella  differenziazione  e  funzione delle gonadi maschili, in particolare: delle cellule del Sertoli, interessate nella produzione dell’ormone anti-Mülleriano controllata dal gene AMH (Anti-Müllerian Hormone); delle cellule del Leydig, interessate nella produzione del testosterone;  e delle cellule spermatogoniali nel loro passaggio a spermatozoi. Particolarmente studiati furono  i geni SF1 (Steroidogenic Factor1) e  SOX 9 (SRY-related HMG-box gene), attivi in particolare nelle cellule del Sertoli e del Leydig; e i geni attivi nei diversi stadi della spermatogenesi, cioè della formazione degli spermatozoi a partire dagli spermatogoni, tra i quali il gene PGK2  trascritto nei tardi spermatociti, e il gene PRM2 trascritto nei tardi spermatidi.

L’importanza dell’estendersi di queste ricerche sui fattori genetici dell’infertilità è dimostrata dai risultati dell’applicazione delle conoscenze raggiunte.  In un recentissimo lavoro[6], utilizzando tecniche di genetica molecolare per porre in evidenza la presenza o meno dell’attività dei tre geni  DAZ, PGK2 e PRM2 attesa in differenti tessuti gonadici, è stato dimostrato, in uno studio di 43 soggetti affetti da azoospermia non ostruttiva, che in 39 (90.6%) di essi l’uno o l’altro dei tre geni era mutato; precisamente non erano espressi in 5 il gene DAZ, in 13 il gene PGK2 e in 22 il gene PRM2.

Un ulteriore passo è stato fatto recentissimamente[7]. Studi sul topo, avevano dimostrato l’esistenza di 25 geni espressi soltanto negli spermatogoni, dei quali 3 localizati nel cromosoma Y e 10 nel cromosoma X, questi ultimi con funzione predominante negli stadi premeiotici della spermatogenesi. Questa presenza nel cromosoma X risultò agli stessi studiosi inaspettata. Scrivevano: “Fu una gtrande sorpresa, perché se i geni fossero stati distribuiti a caso nel genoma, noi ci saremmo atteso nessuno o al massimo una coppia di questi geni sperma-specifici X-linked”. Passarono allora all’uomo. Trovarono  le sequenze complete del DNA degli stessi 13 geni – 6 dei quali soltanto mappano nel cromosoma X – e tutti 13 si  esprimevano nel  testicolo  e  qualcuno  anche nell’ovaio. Essi concludevano: “Forse potremo provare la presenza di mutazioni in alcuni dei nuovi geni nel cromosoma X nei casi di difetti spermatogenici”. Perciò il gruppo sta continuando in questo senso: una ricerca già iniziata, relativamente a tre di quei geni su 400 soggetti sterili e su 200 normali, indica un aumento altamente significativo di mutazioni e alterazioni di proteine nei primi rispetto ai secondi; e una seconda sta indagando sulla eventuale ereditarietà dell’infertilità legata al cromosoma X[8].

Infine, sono soltanto da ricordare – per la loro minor frequenza – altri casi di sterilità genetica maschile: alcuni dovuti ad anomalie cromosomiche che danno origine a intersessi – maschi XX e femmine XY – nei quali usualmente è assente la spermatogenesi[9]; altri causati da mutazioni geniche dalle quali dipendono particolari malattie che implicano anche la sterilità. Tra queste mutazioni va, in particolare, ricordata quella che dà origine alla fibrosi cistica la quale, nel 98% dei maschi affetti induce  anomalie dei dotti Wolfiani e atrofia di varie strutture testicolari – fino alla assenza congenita del deferente – destinate al trasporto degli spermatozoi, i quali sono tuttavia presenti.

Sono sufficienti questi accenni all’intenso lavoro per lo studio delle cause genetiche dell’infertilità maschile e ai risultati già raggiunti per prevedere che, quando saranno sicuramente identificati, mappati e sequenziati specifici geni, sarà possibile predire la proteina prodotta, esplorare come essa agisce durante la maturazione delle cellule germinali e definire come trattare la sindrome conseguente a un loro difetto.

 Sterilità femminile da aberrazioni cromosomiche

La più importante e più frequente aberrazione cromosomica, a cui è associata la totale sterilità, è la perdita di un intero cromosoma X, chiaramente indicata – a una indagine cromosomica – dal cariotipo 45,X, invece di quello femminile normale 46,XX. L’assenza di un cromosoma X dà origine alla cosiddetta sindrome di Turner, caratterizzata da notevole difetto di crescita e conseguente bassa statura, gonadi ridotte a un piccolo ammasso di tessuto disorganizzato, amenorrea primaria e  iposviluppo  delle

mammelle. Non sono ancora noti i meccanismi di questa patologia, che conduce a una rapida atresia degli ovuli e a una grande riduzione dello stroma ovarico ancora presenti nell’infanzia. E’ noto che circa il 97% dei concepiti con cariotipo 45,X abortiscono spontaneamente durante  la gravidanza; e si calcola a 1:3000 la frequenza delle donne affette da questa patologia.

Sono anche da ricordare altre situazioni citogenetiche a mosaico quali, in particolare, i cariotipi 46,XX/45,X e 46,XY/45,X, dove i portatori possiedono due linee cellulari, di cui una normale accompagnata dalla seconda 45,X. In questi casi,tuttavia, il grado di infertilità può variare notevolmente secondo la prevalenza dell’una o dell’altra linea.

 Sterilità femminile da mutazioni geniche

Sempre più importanza, maggior impegno e significativi risultati stanno prendendo le ricerche sui geni interessati in tutto il complesso lavoro di strutturazione e funzionamento dell’apparato riproduttivo femminile. Geni le cui eventuali mutazioni possono essere causa di sterilità.

Un primo campo in cui queste ricerche stanno portando un po’ di luce è quello della menopausa precoce (Premature Ovarian Failure – POF) che, nella situazione sociale di oggi, può rappresentare una delle cause capace di incidere sensibilmente sulla frequenza della infertilità femminile. D. Schlessinger, ricercatore in questo settore, nota: “Il 2% delle donne o non giungono al menarca o subiscono una menopausa precoce intorno ai 30 anni.[…] La formazione dei follicoli inizia normalmente, ma la velocità della loro atresia durante lo sviluppo è troppo elevata. Conseguentemente alla nascita i follicoli o non ci sono o sono troppo pochi per sostenere un completo periodo riproduttivo”[10]. Da ricerche da lui guidate, e ancora in corso, su famiglie dove la menopausa precoce è ereditaria è emersa la conclusione che in parecchie di esse, in seguito alla traslocazione tra un cromosoma 1 e un cromosoma 3 [t (1:3)] è avvenuta una delezione di un gene del cromosoma 3, che si sta ora sequenziando, il quale turberebbe lo sviluppo e la stabilità del follicolo ovarico.

Altri geni  interessati  in  questa  patologia e  richiesti per il  normale  sviluppo degli oociti sono già stati individuati su altri cromosomi. Tra questi sono almeno da ricordare: il gene ODG1 (Ovarian Dysgenesis1)[11] nel cromosoma 2, il quale codifica per il recettore dell’ormone follicolo stimolante (FSH) e di cui si conoscono già diverse mutazioni; e un gene ovarico – analizzato a fondo nel topo ma sicuramente presente anche nella specie umana[12]TAFII 105 (Transcription Factor II 105), che è essenziale per un corretto sviluppo e funzione dell’ovaio, mediando la trascrizione di altri geni richiesti per un’appropriata follicologenesi, e il cui difetto porta a un errore che interessa soprattutto le cellule della granulosa.

Altre ricerche sulla stessa patologia hanno dimostrato l’importanza di mutazioni, sia spontanee sia in seguito a traslocazione, che intervengono in una ben determinata regione critica del cromosoma X, che ne copre circa 1/6 includendo  il segmento dove inizia la sua inattivazione. Nel caso di delezioni di parte di un dato gene viene a mancare il prodotto atteso, con la conseguente alterazione dei processi che portano alla formazione dei follicoli ovarici. Nel caso di traslocazioni, il gene spesso non sembra interrotto; ma, cambiando la sua posizione, cambia il modo in cui esso funziona nel processo dinamico, con tutte le conseguenze. Lo studio di un caso familiare di menopausa precoce[13] ha permesso di dimostrare che il gene interrotto sul cromosoma X era il gene DIA, omologo del gene diaphanous della Drosophila melanogaster e membro della famiglia di geni i quali controllano la produzione delle proteine che regolano la citokinesi e altri processi morfogenetici actino-mediati.  Sarebbe così mancata la regolazione della moltiplicazione cellulare che conduce alla formazione del follicolo ovarico.

Il lavoro su questa linea sta proseguendo. Giustamente D. Schlessinger, che ha iniziato  nelle sue ricerche – per ora condotte sul topo –  l’impiego di microchips  che portano 15.000 geni, sottolinea: “La via per un approccio genomico all’analisi della menopausa precoce sarebbe quello di trovare i geni e la rete regolatrice implicati nello sviluppo dell’ovaio e dei follicoli e vedere – se, per esempio, i geni specificamente coinvolti sono sul cromosoma X – come e quando si esprimono e come la loro interruzione influisce sulla sviluppo ovarico”[14].  Vari studi hanno già messo in evidenza che ci sono almeno tre regioni nel cromosoma X interessate nella produzione degli oociti, e che delezioni in ciascuna di queste possono provocare menopausa precoce o anche amenorrea primaria. E’, ad esempio, il caso del gene BMP15 (Bone Morphogenetic Protein 15) – conosciuto anche come GDF9B (Growth Differentiarion Factor 9B) – che mappa in Xp11.2-11.4, si esprime negli oociti ed è indispensabile per la fertilità[15].

 Conclusione

In questa breve nota, si è cercato di completare il quadro delle cause della sterilità di coppia portando l’attenzione all’apporto di nuove importanti informazioni provenienti da un campo fino a poco tempo fa quasi completamente inesplorato. Nonostante il breve periodo di sviluppo della genomica, si è già potuto costatare il non piccolo peso dei fattori genetici quale causa di tante situazioni di infertilità. Ma, nello stesso tempo, si sono anche intraviste vie nuove, che aprono alla speranza di possibilità terapeutiche capaci di offrire soluzioni umane ed eticamente corrette per una patologia, che è causa di profonda sofferenza per la coppia la quale, spesso inaspettatamente, si trova colpita.

 Note

 [1] Cfr J. LUMLEY, Epidemiological approaches to infertility, Reproduction , Fertility and Development, 1998,10: 17-21.

[2] Cfr A. SERRA, La rivoluzione genomica: conquiste, attese, rischi, La Civiltà Cattolica,2001 II:439-453.

[3] Cfr A. SERRA, La rivoluzione genomica: conquiste, attese, rischi, La Civiltà Cattolica 2001 II, 439-453

[4] Cfr R. REIJO, TIEN-YI LEE, D.C. PAGE et al. , Diverse spermatogenic defects in humans caused by Y chromosome deletions encompassing a novel RNA-banding protein gene, Nature Genetics 1995,10: 383-393.

 5  Ivi, p. 390.

[6] Cfr G. J. SONG, H. LEE, Y PARK et al., Expression Pattern of germ cell-specific genes in the testis of patients with non abstructive azoospermia: usefulness as a molecular marker to predict the presence of testicular sperm, Fertil. Steril. 2000, 73: 1104-1108; H. LUCAS, G. PATRAT, P. JOUANNET et al., A novel, rapid and accurate method for detecting microdelition involving the DAZ gene in infertile men, Fertil. Steril. 2000, 73: 242-247.

[7] Cfr J.J. WANG, J. R. McCARREY, FANG YANG, D. C. PAGE, An abundance of X-linked genes expressed in spermatogonia, Nature Genetics 2001, 27: 422- 426.

[8] Cfr M. L. FUERST, X marks the sperm. A clue to infertility, http://news.bmn.com/hmsbeagle/104/notes/ 2001.

[9] Cfr  A. L. BOEHMER, H. BRÜGGENWIRTH, C. Van ASSENDELFT et al., Genotype versus phenotype in families with androgen insensitivity syndrome, J. Clin. Endocrinol. Metab., 2001, 86: 4151- 4160;  C. RADMAYR, Z. CULIG, A. HOBISCH et al., Analysis of a mutant androgen receptor offers a treatment modality in a patient with partial androgen insensitivity syndrome,  Eur. Urol., 1998, 33: 222-226.

 [10] D. SCHLESSINGER, Premature ovarian failure and its alleviation, 24th Internat. Sem. on Planetary Emergencies, World Scientific, London 2000: 509-514.

[11] Cfr  P.J. TUREK, R. R. PERA, Infertility,  cit., 1021-1022.

[12] Cfr R.N.FREIMAN, S. R. ALBRIGHT, S. ZHENG et al., Requirement of tissue-selective TBP-Associate Factor TAFII 105 in ovarian development, Science  2001, 293: 2084-2087

[13] Cfr S. BIONE, C. SALA, C. MANZINI et al., A human homologue of the Drosophila melanogaster diaphanous gene is disrupted in a patient with premature ovarian failure: evidence for conserved function in oogenesis and imlications for human sterility, Am. J. Hum. Genet. 1998, 62: 533-541

[14]  D. SCHLESSINGER, Premature ovarian failure, cit.: 512-513.

[15] Cfr S. M. GALLOWAY, K. P. McNATTY, L. M. CAMBRIDGE et al., Mutations in an oocyte derived growth factor gene (BMP15) cause increased ovulation rate and infertility in a dosage-sensitive manner, Nature Genetics 2000, 25: 279-283.